In un tempo remoto non ben definito, in un piccolo villaggio semi abbandonato ai piedi di una montagna, vivono Agostino, la moglie Nina e il figlio Giovanni. La montagna impedisce ai raggi del sole di illuminare la terra del villaggio che risulta così poco fertile e la famiglia è costretta a vivere di stenti. Agostino, una mattina, sale sulla cima della montagna e con un piccone cerca di abbatterne l’estremità per far passare i raggi del sole.
Questa è l’incredibile poesia di Monte, il nuovo film del regista iraniano Amir Naderi che comincerà le riprese in Italia proprio questo mese, dal 17 settembre, prima in Trentino Alto Adige e poi in Friuli Venezia Giulia. Il film, prodotto da Citrullo International, Zivago Media, Cineric e Zomia, con il contributo di BLS Südtirol Alto Adige Film Fund & Commission, vede anche la collaborazione di giovani registi italiani che per l’occasione ricoprono ruoli diversi: Carlo Hintermann come produttore, Donatello Fumarola come co-sceneggiatore e produttore associato, Alberto Fasulo al casting in Friuli, Maryam Najafi come assistente dello stesso Naderi, Alberto Momo operatore alla camera, Debora Scaperrotta location manager e Claudia Marelli al backstage.
Incontriamo Naderi, gentile e disponibile come sempre, e ci immergiamo nei suoi racconti vulcanici proponendogli qualche domanda.

«Acqua, vento, sabbia» è il titolo di uno dei suoi primi film. Sappiamo che sull’uso che fa del colore hanno influito le esperienze che ha vissuto da bambino: il mare, la sabbia, il deserto, e che molti dei suoi film sono vicini a determinate tinte quali il giallo e il marrone. Oggi filma «Monte». Ha già in mente i colori predominanti di questo film?
Non ci saranno molti colori perché tutta la storia si svolge nell’ombra. Spero di riuscire a raggiungere i toni del grigio e del nero e cercherò di catturare la luce dell’ombra, per me è davvero interessante lavorare in questa direzione. Naturalmente i personaggi si spostano, vanno nelle città o nei villaggi dove ci saranno i colori, quelli del cibo e dei mercati ma il luogo in cui vivono è molto scuro. Ho lavorato parecchio sull’impostazione dei colori finora, ho parlato con il mio direttore della fotografia Roberto Cimatti, con la costumista Monica Trappolini, con lo scenografo Daniele Frabetti e l’arredatrice Lara Sikic; sono tutti molto bravi e mi hanno aiutato a ragionare su questo e a pensare a quanto l’esistenza abbia bisogno di colori, perché senza di essi si è tagliati fuori dalla vita e si può cadere facilmente in depressione.

Non inizia mai un film se non sa come usare il suono e il montaggio, elementi fondamentali del suo cinema, (già sento i suoni e i silenzi della montagna). Curerà personalmente il sound design?
(Ride, ndr) Grazie per avermi fatto questa domanda. Io penso ai film come a una sinfonia, penso sempre al suono, al montaggio, al ritmo delle scene, al tempo, al crescendo; per me è davvero molto importante e credo che in questo film siano particolarmente rilevanti, forse più che in altri miei film, perché aver deciso di ambientare la storia nel tardo medioevo evoca nella mia mente i rumori estranei della montagna, quelli provocati dal vento, quelli notturni e quelli diurni, quelli della pioggia. Tutto questo mi aiuterà a creare una sinfonia senza l’utilizzo di strumenti musicali. Questa è proprio una delle ragioni per cui voglio fare questo film, perché gli elementi che cerco da sempre sono il ritmo e il suono; non inizio mai un film prima di sapere come saranno.

Dalla sinossi si comprende che i personaggi di questo film sono delle estensioni dei precedenti, lottano per la sopravvivenza, sono portati all’estremo ma si rialzano sempre. È cosi?
Certamente, funziona sempre così nei miei film, perché li scrivo seguendo le mie esperienze personali. Quando ho consegnato lo script ad Andrea Sartoretti ha detto: «Amir, ma questo sei tu!». Ho risposto: «Certo che sono io». Sì, è vero ho sempre messo i miei personaggi in situazioni difficili; in realtà questa è la situazione più difficile in cui li abbia mai cacciati. I personaggi di questo film sono molto vicini a quelli di Cut e anche a quelli di altri miei film. Spingo sempre i miei personaggi in storie diverse, in culture diverse e in momenti temporali diversi. In questo caso abbiamo creato delle situazioni impossibili e siamo andati indietro di un migliaio d’anni e questo per me è una sfida davvero molto interessante. Sono sempre ispirato da una sfida, sono le sfide che mi portano a realizzare i film. Il protagonista vive con la moglie e il figlio all’ombra di una montagna, le generazioni precedenti alla sua non hanno mai cercato di sovvertire la situazione, hanno vissuto e sono morte lì ma lui decide di lottare contro il proprio destino, che poi è quello che ho fatto io nel corso della mia vita. Il mio personaggio si è chiesto: come posso sopravvivere in una situazione impossibile? La soluzione è: rompi la montagna così i raggi arriveranno ad illuminare la tua terra. Le due parole chiave, per me e i miei personaggi, sono pazienza e sfida, senza di esse non si può vivere e credo che gli esseri umani meritino di rendere possibile qualcosa che è impossibile.

Sarà inoltre una sfida anche per lei come regista, diventerà un po’ come i suoi personaggi.
(Ride, ndr) Lo sono già, la pazienza porta alla forza, ma non si può immaginare quanto costi questa pazienza. Saremo a 2.300 metri di altezza e tutto sarà lì a dirci: «Andate via!». Ma io risponderò: «No, noi rimaniamo». La natura ce lo chiederà ma io sarò lì per una sfida.

Si può dire che uno dei protagonisti del film sarà anche la montagna?
Per me la montagna è una delle cose più potenti dell’universo. Se si vuole ambientare un film su una montagna non ci si può scherzare, solo l’oceano ha quel tipo di potenza. Se si osservano le sue forme si può pensare: «Ma chi l’ha scolpita? Michelangelo?». È pazzesca! Amo guardarla ma se non ti accetta ti fa impazzire e lo può fare con facilità, il clima è imprevedibile, cambia velocemente passando dalle burrasche di vento al sole e alla pioggia. Le montagne hanno una natura davvero poetica e credo, spero, di riuscire a portarla nel film e di rendere omaggio così a questo paese che amo.

La sua esperienza personale, il modo in cui osserva il mondo connotano l’universalità dei suoi film. Il suo cinema è internazionale e i suoi personaggi sono apolidi come lei. Ora ha scelto l’Italia. Perché?
L’esperienza viene dal mio cuore e questo film per me è molto importante proprio perché lo girerò in Italia. Sono stati i luoghi a parlarmi, la cultura, i colori, l’atmosfera a scegliermi. Ho parlato con loro allo stesso modo in cui avrei parlato ai miei personaggi e sono stato accettato. È da moltissimo tempo che desidero girare in Italia ma non ero mai pronto perché ambientare una storia nell’Italia contemporanea non è di mio interesse. A me interessa guardare dietro le storie, in profondità, andare alla ricerca della sintesi della vostra cultura ed è anche per questo che considero Monte una grande sfida perché la cultura italiana non è facile da comprendere. La mia cultura iraniana mi ha aiutato, poiché per molti aspetti è vicina alla vostra. A parte la lingua, naturalmente, condividiamo una cultura profonda, dei personaggi straordinari, una grande storia. I tre protagonisti del film costruiranno un ponte con il passato e credo che a rendere il film internazionale sarà ciò che i miei personaggi compiranno alla fine del film, che è poi la fine della sinfonia; ma a renderlo internazionale sarà anche e soprattutto il fatto che il film viene fuori dalle radici profonde dell’Italia. Avrei potuto girare in un altro paese ma sicuramente non sarebbe stato lo stesso.

Quali impressioni ed emozioni le ha suscitato andare alla «scoperta» del nostro paese?
Il bello dell’Italia per me e che ogni secondo c’è una sorpresa, la vita, la gente, la natura sono imprevedibili. Pensare che qui ora è freddo ma se si va in Sicilia o in Sardegna è piena estate. È incredibile! Ho la sensazione che questo paese stesse qui ad aspettarmi per farmi fare quello che sto facendo. Ha aspettato i miei messaggi e le persone che lavoreranno al film. Ho sempre voluto fare questo film, sono quattro, cinque anni che ci penso, e dal mio cuore ho lanciato dei segnali che sono arrivati alle persone di cui avevo bisogno e che a loro volta avevano bisogno di essere qui in questo film. Questa è una missione per me, non so chi lo voglia, forse questa montagna, forse la storia, non lo so, ma voglio entrare a far parte dell’arte che questo paese produce, e credo di poter realizzare qualcosa di originale, spero di riuscirci e di meritarmelo. È come se vivessi in un sogno perché questo film mi ha dato la possibilità di conoscere in modo approfondito la cultura italiana. L’Italia è un paese molto ricco e ha prodotto dei personaggi incredibili, basti pensare a Leonardo Da Vinci o Michelangelo. Loro sono sempre fonte di ispirazione per me. Sono così contento di aver passato del tempo in Italia ed aver avuto l’opportunità di conoscere posti diversi, di ricercare e di percepire la sua arte, di capire cosa rende l’Italia così diversa dagli altri paesi. Questa ricerca mi ha aiutato molto per il mio film e ora sono pronto.         

Foto1 di Claudia Marelli

Parliamo del cast. Com’è avvenuta la selezione di Claudia Potenza e Andrea Sartoretti? C’è stato lo stesso «colpo di fulmine» avuto per Hidetoshi Nishijima (Shuji) in «Cut»?
Sì, è successo anche questa volta! Quando ho incontrato Andrea Sartoretti (Agostino) ho pensato che fosse lì ad aspettarmi e che io avessi aspettato lui, era come se ci conoscessimo già da molto tempo. Sono molto contento anche della scelta dell’attrice che interpreta Nina, Claudia Potenza, così come del giovane Zaccaria Zanghellini (Giovanni). Sono tutti impazienti e anche io non posso più aspettare. Non vedo l’ora di cominciare a girare, non vedo l’ora che arrivi il 17 settembre. Sembra che abbia camminato in giro per il mondo per arrivare fin qui, per vedere questa montagna e dire: «Facciamolo!». In questo momento della mia vita, Monte è la cosa più importante per me.

La produzione è tutta italiana. Com’è andata la fase di pre-produzione?
Sono molto felice di lavorare con questi produttori. Ho passato molto tempo a cercare le location e abbiamo trovato dei luoghi incredibili, tra cui Casso e soprattutto il monte Latemar. È come se questa montagna mi aspettasse da lungo tempo. L’ho cercata ovunque, non solo in Italia, ma questa sembrava davvero aspettarmi. Ed ora ci parlo ogni giorno, la vedo sempre dalla mia finestra e ogni mattina mi siedo, lavoro al mio film e le parlo come se fosse la mia amica più cara. Lei sa che per me questa è una grande sfida e mi ha accettato. La mia vita è stata un lungo viaggio, film diversi, viaggi diversi, paesi diversi, lingue diverse, vite diverse. Adesso il viaggio è molto difficile ma sono stato accettato da lei e penso di piacerle (ride, ndr) a me lei piace tantissimo.

Ha uno stretto rapporto di amicizia con Enrico Ghezzi e Donatello Fumarola, a cui va il grande merito di aver fatto conoscere il suo cinema anche a chi non frequenta i festival, attraverso la programmazione dello storico programma di Rai 3 «Fuori Orario». Una sorta di «compensazione» alla cattiva distribuzione che è il vero nemico del cinema indipendente. Che tipo di distribuzione avrà il suo film?
Girerò questo film in Italia e i soldi, la troupe, la produzione saranno italiani, sarà tutto italiano tranne me. Voglio lanciare un messaggio da questo paese al mondo, non solo all’Italia e spero profondamente che Monte sarà distribuito in Europa, negli Stati Uniti, in Giappone, ovunque. Penso che accadrà qualcosa con questo film che lo renderà più visibile rispetto ai film indipendenti, ho una buona sensazione a riguardo.

Ha realizzato film girando in Iran, negli Stati Uniti, in Giappone e ora in Italia. Se «Vegas» è il suo film «americano» e «Cut» è il suo film «giapponese», possiamo dire che «Monte» sarà il suo film «italiano»?
Monte sarà quasi tutto quello che so sul cinema e sulla vita fino a questo momento. Ho lavorato così tanto e sono stato in così tanti posti. Proprio oggi la mia assistente mi ha detto: «Questo è il quarto paese in cui giri Amir, l’Iran, gli Stati Uniti, il Giappone e ora l’Italia. Culture totalmente diverse, ma come fai?». Ho risposto: «Con il mio cuore». Mi connetto con il mio cuore, altrimenti sarebbe impossibile mettere insieme i produttori, gli attori, la troupe; ci deve essere qualcosa dietro a tutto questo, qualcosa di spirituale, forse tutto il buon cinema che questo paese ha prodotto.