Arrabbiata con il mondo? Sempre. Ma Loredana Bertè da qualche tempo a questa parte la sta prendendo con maggiore filosofia. E allora ci stanno le partecipazioni da giurata ad Amici («è un talent completo rispetto agli altri, e poi mi fido di Maria…»), tour da sold out e – finalmente – il ritorno discografico. Il 1 aprile – e non è uno scherzo – pubblica un nuovo album per la Warner Music dal titolo programmatico Amici non ne ho…ma amiche sì (e che la dice lunga sulla considerazione verso il cosiddetto ’sesso forte’…) in cui rivisita sedici tracce dalla sua lunga discografia cantate insieme a colleghe di diverse generazioni, un album prodotto dall’amica Fiorella Mannoia con l’aggiunta di due inediti. «L’idea del disco di duetti – spiega – è venuta a lei visto che io non riuscivo ad andare avanti con un progetto di brani inediti prodotto da Renato Zero. Lei si è scelta In alto mare e Il mare d’inverno e poi abbiamo cominciato a chiamare le…partner. Temevo non venisse nessuno, e invece Fiorella mi ha rassicurato dicendomi che tutte, in qualche modo, mi erano debitrici. Alla fine è andata che sono venute più ’ragazze’ del previsto. Ma ho trovato la soluzione: festeggeremo la fine tour del quarantennale all’Arena di Verona e verranno tutte, anche chi è rimasta…fuori».

Un lavoro dagli arrangiamenti rock con qualche spruzzata di elettronica – frutto del lavoro di Carlo Di Francesco – che non alterano il valore di canzoni come Non sono una signora (in duetto con Emma, forse la sua vera erede), Paola Turci (Luna), Alessandra Amoroso (Sei bellissima) e Patty Pravo (Mi manchi) «Nicoletta ha dato le chiavi di casa a un’intera generazione – spiega – per il fatto che sia voluta entrare in questo progetto è stato un attestato di stima enorme. E mi ha sorpreso, perché conosceva benissimo Mi manchi, che ho scritto davanti al Mar Baltico dopo una litigata con Bjorn Borg…». È andata così, il primo dei due inediti, porta la firma di Ligabue: «Lo conoscevo solo come autore, Fiorella gli ha chiesto un pezzo e lui ha risposto subito sì. Quando ci siamo incontrati mi ha fatto un complimento bellissimo, mi ha detto che ci sentiva dentro Mimì. E mi ha detto che sono oltre il punk. Io sono rock dentro, è uno stile non un’accozzaglia di suoni». Il mio funerale è farina del suo sacco: «L’idea mi è venuta ripensando al funerale di mia sorella, ai vip che firmavano gli autografi. È una critica feroce contro chi si imbuca ai funerali delle persone famose e sgomita davanti alle telecamere, pur di ottenere un attimo di visibilità sui media».

Negli 80 Loredana ha inciso album rimasti nella memoria collettiva, i tre con Fossati e uno splendido Carioca con le canzoni di Djavan, tradotte in italiano da Bruno Lauzi e Enrico Ruggeri: «Le era piaciuta la mia versione di Petala con dei tagli e dei cambi che avevo fatto con Fossati, e mi ha voluto nel video. Sono andata in Brasile con lui e abbiamo inciso Carioca. Peccato che i discografici non l’abbiano supportato a dovere. Quattro anni dopo molti di quei brani sono stati ripresi dai Manhattan Transfer nel disco Brasil. Risultato: dieci milioni di dischi venduti…».

Del pezzo di Ligabue esiste anche un video, girato da Loredana ispirandosi a Andy Warhol: «L’ho conosciuto a New York. Lui era un tipo strano, o gli piacevi subito o ti odiava. Pensa che quando mi ha conosciuto pensava facessi la barista da Fiorucci. Io ero la madrina in quel periodo dei negozi e mi trovavo a Ny per registrare Made in Italy (1981, ndr). Arrivava ogni giorno alle 5 puntuale e io gli preparavo il cappuccino, poi ha scoperto che ero una rock star brava anche… in cucina. E così mi sono trasferita nella sua factory a cucinare spaghetti. Ero diventata la ’pasta queen’. Però l’ho conquistato, e alla fine mi ha girato persino un video gratis (per il brano Movie, ndr»).

Per la cronaca era il disco con la copertina di firmata da Christopher Makos, frutto della collaborazione con la Factory di Warhol: due anni dopo, un altro degli scatti di quel servizio verrà utilizzato per la copertina dell’album Jazz. Il rapporto con la discografia non è mai stato facile.

Nel 1986 portò Re a Sanremo, stretta in un miniabito di pelle nera con spalline e borchie, con una pancia finta per lei e le sue ballerine. Risultato un fiume di polemiche, ultimo posto in classifica e la Rca che straccia il contratto. «Non avevano capito nulla. Quel balletto era frutto di prove di un mese e mezzo in gran segreto insieme a Corrado Colabucci, Franco Miseria e le prime due ballerine del teatro dell’Opera di Roma. Era come un video dal vivo, dove rappresentavo due tipi di donna. Quella forte era anche incinta. Versace fece arrivare l’ultima sera un abito nero con tanto di tiara dal museo di New York».