L’anno è il 1958. La legge, il Racial Integrity Act, un proclamo della Virginia inteso a preservare la purezza della razza bianca, che impediva matrimoni interrazziali, varato negli anni venti e ancora in vigore alla soglia della grande rivoluzione per i diritti civili. Mildred e Richard Loving, una casalinga parte indiana parte afroamericana e un muratore bianco, arrestati per essersi sposati illegalmente e banditi al Nord, sono le vittime più famose di quella legge, protagonisti di un caso che, arrivato davanti alla Corte suprema, nel 1967, ne determinò l’incostituzionalità. Soggetto di un doc diretto da Nancy Buirski, The Loving Story (2011), il caso è protagonista dell’ultimo film di Jeff Nichols, Loving, visto a Cannes.

Noto, e stimato, per il suo cinema poetico, sfumato di Spielberg e Carpenter, ma anche di Conrad, affascinato dall’avventura e da un umanesimo incline alle suggestioni del soprannaturale, il regista dell’Arkansas, ha trovato in Loving il suo film più «con i piedi sulla terra», ancorato non solo a una storia e a personaggi realmente esistiti ma un tema tornato di lancinante, problematica, attualità. In questo senso, si tratta di un oggetto meno di slancio, meno misterioso, meno formalmente libero, rispetto a lavori come Mud, Take Shelter o Midnight Special, meno riconoscibilmente «suo».

Il dubbio che si sia sentito un po’ intimidito dall’argomento «importante» c’è, ma Loving aggira la trappola del dogmatismo aderendo alla prospettiva dei Loving con un’intimità e una dolcezza che sono anche fisiche. Richard (Joel Edgerton) è schivo e taciturno, Mildred (Ruth Negga) timidissima. Nessuno dei due ama parlare in pubblico, raramente guardano un obbiettivo negli occhi. Il loro amore un «semplice» dato di fatto, che si scontra contro una legge assurda, quando, nel cuore della notte, lo sceriffo irrompe in casa, li sorprende a letto e li arresta. La loro battaglia diventerà un fatto nazionale dopo che il ministro della giustizia Robert Kennedy, a cui Mildred aveva scritto una lettera, suggerisce loro di rivolgersi all’ACLU (American Civil Liberties Union). I Loving resistono per indole ai riflettori, il ruolo di eroi della lotta per i diritti civili. Il loro scopo è circoscritto, pratico: tornare a casa e crescere i propri figli con il resto della famiglia. Anche se «casa» è una contea rurale povera e piena di razzisti.

Il film di Nichols rispetta quell’ostinato minimalismo; la sua chiave nell’universo della coppia data dai materiali di repertorio del documentario di Buirski (qui produttore insieme a Colin Firth) e soprattutto nelle magnifiche foto in bianco e nero dell’inviato di LIFE Grey Villett (qui interpretato da Michael Shannon), che Nichols riprende spesso alla lettera. Il raro sorriso di Richard con il capo abbandonato nel grembo di Ruth, il modo in cui la abbraccia, come se fosse appeso a un’ancora, le loro mani sempre strette o che si cercano, quando in pubblico, i corpi naturalmente uno contro l’altro nello spazio vuoto del portico di casa, Mildred e Richard che guardano giocare i loro bambini….Sono immagini fortissime – in cui stanno la bellezza, il senso del film e, soprattutto, l’abbagliante incontrovertibilità della sua storia.