«Era la prima volta che vedevo una mucca», racconta alla macchina da presa uno dei protagonisti di The Wanted 18 di Amer Shomali e Paul Cowan, ambientato nella città palestinese di Beit Sahour nel 1987, durante la prima intifada.
L’arrivo di 18 mucche nella cittadina poco distante da Betlemme è un gesto politico: insieme a quelli che venivano chiamati i victory gardens – chiunque avesse un pezzo di terra lo coltivava per la comunità – serviva a rendere indipendente la popolazione palestinese dai rifornimenti alimentari israeliani. Il latte vaccino, dal momento in cui i palestinesi avevano familiarità solo con l’allevamento di pecore e capre, aveva poi una particolare rilevanza e l’acquisto di 18 mucche da un kibbutz israeliano segna lo scarto simbolico di un’indipendenza possibile.

Per questo le forze di polizia israeliane si mettono presto sulle tracce delle 18 «ricercate», spostate di nascondiglio in nascondiglio e che assurgono così all’assurdo status di «minaccia per la sicurezza dello stato di Israele».
A metà tra documentario – in cui parlano i protagonisti di quell’avventura – ricostruzione di fiction e film d’animazione, in cui le protagoniste sono quattro delle mucche del titolo e la loro prospettiva sugli eventi – The Wanted 18 (che ha debuttato a Toronto nel 2014) arriva in Italia grazie alla rassegna Femminile palestinese accompagnato dal regista Amer Shomali, che lo presenterà a Roma il 30 ottobre alla Sapienza (tutte le tappe su www.femminilepalestinese.it/ ).

Figlio di palestinesi ma cresciuto in un campo di rifugiati in Siria, Shomali – come racconta la sua voice over nel film – è solo un bambino durante la prima intifada, e i racconti delle «epiche» gesta di Beit Sahour si imprimono con forza nella sua immaginazione. Quando poi a 17 anni il regista ha la possibilità di andarci per la prima volta, non trova la comunità utopica che immaginava: «Molte delle persone che incontravo erano ossessionate dalle macchine, dalle marche, pensavano solo a se stesse», aveva raccontato in un’intervista.

Realizzare The Wanted 18 – un lavoro durato ben cinque anni – diventa così, dice, «un processo ’curativo’, che mi ha permesso di ricreare quella realtà che mi ero perduto».
Un’esperienza irripetibile, in cui un ragazzo del villaggio viene addirittura mandato negli Stati Uniti per imparare a mungere e in cui la nascita di un vitellino viene festeggiata come quella di un neonato. Il racconto che ne fa il film di Shomali porta sullo schermo le grandi speranze e le successive delusioni di un momento fondamentale della storia palestinese, e il sogno – incarnato da 18 mucche – di un futuro possibile.