Da l’altroieri su youtube, sui social, in tutta la rete va in onda una replica ripugnante. Nel parcheggio di un modesto convenience store di Baton Rouge due poliziotti confrontano un uomo nero. Il filmato parte ad alterco già cominciato: gli agenti urlano ordini ad un uomo appoggiato al cofano di un auto che tenta di spiegarsi. Uno dei due improvvisamente lo placca gettandolo a terra. Il suo collega ugualmente si getta su di lui. L’uomo dal maglione rosso si dibatte schiacciato dal peso dei due poliziotti. Uno dei due è cavalcioni su suo petto, l’altro in ginocchio al suo fianco blocca le sue braccia.

La scena is vede meglio in un secondo filmato girato da Mufleh Alatiyat, venticinque anni, commesso del negozietto. D’improvviso  uno dei sue poliziotti urla “ha una pistola. Pistola!”. Partono due colpi , poi altri tre. “Cazzo!” grida uno dei due  agenti che gli hanno sparato a bruciapelo, con l’arma ancora in mano. L’uomo è ancora vivo, a malapena. Muove un braccio a fatica. Sul suo petto si allarga una vistosa macchia di sangue.

Così finisce la vita di Alton Sterling 37 anni, cinque figli, che sbarcava il lunario vendendo CD nel parcheggio del Triple S ai clienti che di fretta entravano comprare le sigarette o un litro di latte. A questo uno dei poliziotti estrae qualcosa, forse una pistola  dalla tasca del moribondo. Il decesso verrà certificato quando sopraggiunge un ambulanza.

La polizia dichiarerà che gli agenti sono giunti sul luogo in seguito alla segnalazione di un uomo armato. Alativat dice che Sterling non aveva mai dato fastidio a nessuno, era conosciuto nel quartiere e dagli avventori che compravano dischi da lui, facevano quattro chiacchiere. Un comunicato del capo della polizia della città della Louisiana afferma che “vi sono molti elementi non ancora noti della vicenda”. I video invece un mostrano ancora una volta un nero buttato a terra e freddato. La sua morte sul selciato  si va ad aggiungere alla squallida videografia, un triste repertorio con piccole varianti ma sostanzialmente sempre uguale.

Sterling muore come Oscar Grant,  buttato a terra  e sparato nella schiena una notte di capodanno mentre rincasava, alla stazione Fruitvale della metro di Oakland. Implora i suoi aguzzini come aveva fatto Eric Garner, anche lui un venditore ambulante abusivo, di sigarette, a Staten Island. Prima di morire strangolato dagli agenti aveva proferito le ultime parole “I can’t breathe…non riesco a respirare”

Anche lui aveva lasciato orfana una figlia. E Walter Scott sparato nella schiena mentre fuggiva dal poliziotto di Charleston, South Carolina che lo aveva fermato col pretesto per fargli l’ennesima multa. Anche quell poliziotto aveva dichiarato di aver temuto per la propria vita – lo aveva fatto anche l’agente Van Dyke che ad aprile a Chicago ha sparato 16 colpi a Laquan McDonald di 17 anni…..

Le storie e i video che le documentano ammontano ad una geografia di violenza razzista, un compendio degli abusi di polizia che ad oggi in Usa, solo quest’anno, hanno già fatto 557 vittime.

La morte inutile di Alton Sterling ha innescato proteste in molte città, l’intervento della Aclu (American Civil Liberties Union) e del ministero di giustizia che ha affidato un indagine all’FBI. Si sono nuovamente levati i cori di “Black Lives Matter”  e “Hands Up Don’t’ Shoot!” risuonati in tutto il paese dopo Ferguson.

Anche quella città teatro di un’altro omicidio impunito (Michael Brown), un’altra indagine ammontata a niente e una bruciante sensazione di impotenza. Oggi c’è l’aggravante di un candidato presidenziale che sostiene apertamente che è tutto un complotto contro gli “eroi in divisa”, che soffia sul fuoco di un incendio americano che brucia rovente come sempre  e come non  mai.