Tempo una settimana o poco più e inizieremo a sapere chi è il Mario Draghi politico e premier. Inizieremo a scoprirlo domani mattina, con la presentazione del suo programma nell’aula del Senato, che voterà la fiducia nel pomeriggio, e qualcosa in più potrebbe aggiungere nella replica a Montecitorio, che invece voterà giovedì. Quel discorso sarà seguito con attenzione estrema, cercando di cogliere particolari, dettagli e sfumature. A maggior ragione perché la grandi linee sono imposte dalla realtà: la pandemia, il piano vaccini, il Recovery centrato sull’ambiente, la creazione di posti di lavoro, il sostegno alle fasce sociali e alle persone colpite dalla mazzata Covid. Titoli che possono voler dire cose molto diverse.

L’AMBIENTE SARÀ centrale, perno e bussola dell’intero Recovery Plan. Gli ambientalisti peseranno ogni parola per capire se si tratta del cosiddetto greenwashing, una sottile patina di vernice verde, o se Draghi mira a una vera e rapida riconversione energetica ed ecologica. La guardia alta è d’obbligo. Il timore probabilmente infondato. La svolta green è stata decisa dalla Ue prima che il Covid colpisse. Sarebbe stata l’urgenza prioritaria comunque: senza una tempestiva e accelerata riconversione energetica il capitalismo europeo sarà in ginocchio nella competizione mondiale tra pochi anni. Draghi farà sul serio ed è evidente che per Bruxelles come per lui stesso, il Recovery Plan serve sì a risollevarsi dopo la pandemia ma anche, forse soprattutto, a rinsaldare l’anello debole italiano mettendolo in grado di adeguarsi ai tempi e alla radicalità di quella riconversione.

UN PROCESSO DI QUESTO genere, oltre a essere molto difficile in un Paese dove le resistenze, a partire da quelle del capitalismo assistito italiano e di una burocrazia impermeabile, saranno fortissime, rischia di avere costi sociali molto elevati. Tanto più se sommati a quelli già vertiginosi della crisi. Dietro gli impegni d’ordinanza sarà dunque essenziale capire quanto il governo tecnico-politico consideri decisivo costruire subito reti di protezione adeguate ed efficaci. Ancor più lo sarà capire quanto centrale sia per Draghi recuperare il dislivello tra Nord e Sud, in un quadro che autorizza ogni preoccupazione, essendo la modernizzazione delle infrastrutture del Settentrione essenziale per l’economia dell’Europa del nord mentre quella del Sud lo è molto di meno. Da questo punto di vista la lista dei ministri non è tranquillizzante. Intorno al nocciolo duro dei ministri tecnici scelti da Mario Draghi evidentemente in base alla loro capacità di fare squadra con lui, c’è un primo cerchio, formato da dicasteri politici ma essenziali per il Recovery, affidati a figure che, per cultura politica, sembrano omogenei a un programma centrato soprattutto sull’adeguamento strutturale del Nord.

I PASSAGGI SULLA LOTTA alla pandemia saranno l’altro capitolo fondamentale. Quel campo sarà da subito «di battaglia», in questa maggioranza che non può essere coalizione ed è destinata a combattersi presto di nuovo. Lo si è visto ieri. L’errore commesso dal ministero della Salute Roberto Speranza con il tardivo annuncio della chiusura delle piste da sci è diventato occasione per un assalto all’arma bianca della Lega contro Speranza, proseguito in crescendo tutto il giorno e concluso con l’affondo del ministro del Turismo Massimo Garavaglia contro il collega: «C’è stato un danno per una scelta del governo e i danni vanno indennizzati».

SARÀ MEGLIO ABITUARSI da subito. Questa maggioranza andrà avanti così e non potrebbe essere diversamente. Tanto più fondamentale, sul fronte che oggi tocca più da vicino tutti, sarà capire quale punto di mediazione adotterà Draghi per combattere la pandemia senza essere sballottato dalla rissa latente tra ministri di aree e vedute opposte. Di certo punterà sul rafforzamento drastico del piano vaccini, e non è detto che alla fine non concordi col Matteo Salvini che reclama la testa del commissario straordinario Domenico Arcuri. Ma altrettanto certamente farà il possibile per evitare ogni mossa non strettamente obbligata che possa aumentare quel quadro depressivo dell’economia, delle persone e soprattutto dei giovani che ha denunciato nel corso di tutte le consultazioni.

MA APPENA USCITO dall’aula con in tasca una fiducia oceanica, mai vista sinora , Mario Draghi dovrà provare le sue doti politiche su due fronti incandescenti che chiedono soluzione immediata: il caso dell’ex Ilva e, sul fronte politico, la prescrizione dell’ex ministro della giustizia Bonafede e gli emendamenti che mirano ad abbatterla.