Più veloce e scattante di un ghepardo, lo sviluppo urbano realizzato in Cina negli ultimi anni non ha paragoni e di certo è stato senza precedenti nella storia del pianeta. Ed è pure lontano dal mettere la parola «fine».

L’Ufficio Nazionale di Statistica della Cina, circa un anno e mezzo fa, il 12 gennaio 2012, ha annunciato che il livello di urbanizzazione cinese nell’anno precedente ha toccato quota 50% e che, secondo alcune stime, entro il 2030 saranno 350 milioni le persone che si sposteranno nei centri urbani cinesi affollando ancora di più, se possibile, le attuali metropoli.

Dati alla mano, a questo punto, il problema dell’impatto ambientale e di come porvi rimedio prima che una scelta politica, per Pechino sta diventando un’impellente necessità.

Sono sette e tutte cinesi, per dirne una, le città finite nella top ten mondiale dei centri urbani distintisi per inquinamento ambientale secondo l’ «Analisi ambientale nazionale» pubblicata dall’Asian Development Bank con l’Università di Tsinghua. E ancora, nel 2012 sono stati cancellati a Pechino 700 voli. Motivo? Smog e scarsa visibilità. A metà di gennaio di quest’anno, inoltre, alcune fabbriche si sono viste costrette a sospendere la produzione a causa di un inquinamento ormai alle stelle il cui costo è stato stimato in circa 140 miliardi di euro nel solo 2010, secondo i dati delle stesse autorità cinesi. E se la Cina oggi è attestata a poco meno del dieci per cento per quanto riguarda l’energia da fonti rinnovabili rispetto all’intero settore energetico, è pur vero che proprio nella green economy ha traguardi da far invidia a tutta la galassia: entro il 2020 l’obiettivo è di ricavare il 15% di tutta l’energia da fonti non fossili (energia idrica e nucleare incluse).

La risposta a uno sviluppo urbano così rapido e a tutti i problemi connessi non può che essere trovata nello «sviluppo verde». Matura sempre di più nella dirigenza cinese la consapevolezza che occorre dare maggiore spazio a un uso efficiente delle risorse e a una maggiore attenzione rispetto al passato alla protezione dell’ambiente, garantendo nel contempo la crescita economica. È nata anche da qui, per Bruxelles e Pechino, la decisione di unire gli sforzi, di estendere lo spirito alla base dell’Expo di Shanghai 2010 – Better City Better Life – anche per il prossimo futuro e di fare in modo che il partenariato UE-Cina sull’urbanizzazione sostenibile possa offrire uno sbocco naturale per le azioni concertate, come ad esempio un nuovo programma per sostenere e affiancare i sindaci cinesi oppure la creazione di un Urban Forum UE-Cina Urban annuale.

L’accordo tra Europa e Cina per l’Urbanizzazione Sostenibile è stato siglato il 3 maggio 2012 dal Presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso e dall’attuale Primo Ministro della Repubblica popolare Cinese LI Keqiang (allora vice premier). L’iniziativa politica potrà anche costituire una piattaforma per gli Stati membri in grado di mettere a sistema le iniziative attuali e quelle future in materia di urbanizzazione in Cina.

Nel testo dell’accordo si parte proprio dall’incremento urbanistico cinese per raccogliere la sfida visto che offre «ampie opportunità per i mercati» e rappresenta una sfida per migliorare lo stesso modo in cui è stata pensata finora l’urbanizzazione, cominciando a sviluppare la sostenibilità nelle grandi città.
Strategie e politiche per sviluppare l’urbanizzazione; sviluppo sostenibile dell’industria; sistema dei servizi pubblici; investimenti infrastrutturali e meccanismi finanziari; bioedilizia; mobilità sostenibile; attenzione alle politiche ambientali: sono soltato alcuni dei punti sui quali è avviata la partnership Europa-Cina.

E anche se finora Pechino ha dato la prevalenza allo sviluppo economico rispetto al sostegno alle politiche ambientali, le autorità cinesi hanno ben chiara l’urgenza di dare impulso ad azioni che mirino alla salvaguardia ambientale. Per cominciare, è stato fissato l’obiettivo di ridurre il consumo energetico del 20% per unità di Pil entro il 2010 e di un altro 16% entro il 2015. Sono inoltre già state accresciute misure per la demolizione di vecchi impianti produttivi ad alto impatto ambientale e ad elevata intensità di consumo energetico, così come – tra il 2006 e il 2010 – sono stati investiti oltre 1.200 miliardi di Rmb in progetti per il risparmio energetico e la riduzione delle emissioni inquinanti, finanziati per il 10-15% dal Governo centrale.

La Fondazione Italia-Cina nel suo Rapporto annuale 2013, nell’osservare come i temi ambientali sono diventati prioritari già dall’Undicesimo piano quinquennale 2006-2010 e sono rimasti fondamentali nel Dodicesimo piano quinquennale 2011-2015, rileva che «in linea con il Nuovo piano per l’industria energetica emergente (2011-2020), il Governo ha previsto un investimento di 5.000 miliardi di Rmb per sostenere più ampi settori nell’ambito delle nuove energie, tra cui energia idroelettrica, eolica, da biomassa, solare (fotovoltaica e termica), nucleare, carbone pulito, ‘smart grid’, petrolio non convenzionale, il shale gas e gas naturale (gas CBD, gas idrati, ecc.)»

La partnership Ue-Cina, quindi, oltre a indicare una vincente strategia per aggredire il problema delle alte emissioni di sostanze inquinanti, può dare il via a un’alleanza strategica per immaginare un diverso modello di sviluppo, come affermato da Janez Potocnik, Commissario europeo per l’Ambiente, secondo il quale «la sfida cinese si gioca anche sulle infrastrutture urbane che migliorano la vita dei cittadini e sul tema dell’inquinamento».

Una sfida, quella Europea e Cinese, che si sta declinando un po’ dappertutto, anche nel nostro Paese dove sono sempre più frequenti gli scambi tra gruppi di amministratori e tecnici cinesi e italiani sulle sfide dell’urbanizzazione e delle sue possibili soluzioni.

Come accade a Roma con il progetto Porta Portese-Testaccio. L’Associazione Urban Ground – formata dalle associazioni TerritoriioRoma, Tib Studio, Rialtoccupato, Surf Engineering e Laboratorio 543 – proprio in quella parte del territorio della Capitale sta lavorando a una proposta globale di mobilità sostenibile, efficienza energetica e rigenerazione urbana. E in questo ambito – in collaborazione con l’associazione Asiapromotion di Roma gestita da Silvia Ronzoni e da Herta Manenti – è stato effettuato un ciclo di incontri di scambio di esperienze con amministratori locali cinesi anche loro interessati a valorizzare i tessuti urbani delle loro città. E non si è trattato che di un primo incontro.

Altri ne seguiranno, come del resto accade un po’ in tutta Europa. E chissà che non si riesca a trovare così anche una comune risposta a una crisi che richiede con sempre maggior vigore un diverso modello di sviluppo invece di improbabili ricette di austerità.