La scorsa estate è considerata da tutti gli studiosi e i commentatori internazionali (quasi tutti) l’estate in cui il clima è cambiato in modo drammatico in tutto il mondo. I 40 gradi si sono raggiunti e superati per periodi non brevi anche in zone temperate dell’Europa come la Spagna e l’Italia, specie nelle grandi città. Le conseguenze sono assai gravi, soprattutto per i più poveri del Nord e del Sud: alcune sono sotto i nostri occhi – dai nubifragi sempre più violenti e distruttivi, agli tsunami assassini, agli incendi spaventosi, all’aumento della siccità e della desertificazione, con il conseguente aumento della fame e della mortalità infantile in Africa, così come dei conflitti, delle diseguaglianze e delle migrazioni (alimentate queste ultime dall’instabilità sociale, economica e politica). Altre conseguenze, come quelle sulla salute, si realizzeranno più compiutamente nel corso del tempo.

Il nuovo governo giallo-verde pare non essersene accorto, occupato com’è a costruire l’Italia sovranista e l’Europa delle piccole patrie. Ma non se ne sono accorti neanche i media italiani, Tv e carta stampata (con poche eccezioni come il manifesto), che ignorano parole quali ambiente e riscaldamento climatico, occupati come sono a discettare sulla crescita: e questo è ancora più preoccupante perché così facendo vengono meno alla loro ragion d’essere, quella di quarto potere e di guardiani del sistema. A loro dire, la crescita farebbe aumentare l’occupazione, ma l’evidenza empirica dimostra che nel terzo millennio la crescita è debole dovunque, in particolare in Italia, e che il circolo virtuoso “investimenti, consumi, occupazione” del secolo scorso non funziona più nella fase della globalizzazione finanziaria – per molte ragioni, prima tra tutte proprio il riscaldamento climatico, la cui causa di fondo è l’impiego sempre più esteso delle energie fossili (carbone, petrolio e gas).

Accade così che mentre è in arrivo un altro inverno, che ci auguriamo non sia “di lacrime e sangue” neanche sul fronte ambientale oltre che su quello finanziario – vedi il nubifragio della Calabria e quello della Sicilia orientale già nel mese di ottobre – non un euro è previsto nelle scelte di spesa pubblica per mettere in sicurezza il territorio, riducendo così le cause del riscaldamento climatico, quali la cementificazione del suolo (in Italia scompare una piazza Navona ogni due ore) o la fusione dei ghiacciai (che fa alzare il livello degli oceani). Senza contare i costi che gravano sui contribuenti per i danni ambientali prodotti dalla mancata manutenzione degli ecosistemi naturali, e i morti che essi spesso determinano.