L’approvazione della Legge di Bilancio è un’ottima occasione per capire quanto degli impegni in campo ambientale con cui era partita la nuova maggioranza di governo abbia trovato spazio nel provvedimento più importante di questi mesi.

Dopo settimane di discussioni e cambiamenti, emendamenti e passi indietro, il risultato complessivo non è positivo.

Il giudizio non vale tanto per il valore delle singole misure, alcune sicuramente positive, quanto per il confuso messaggio al Paese. Difficile capire quale idea si voglia mettere in campo per spingere innovazione e lavoro, uscendo dalla vaghezza delle promesse su decarbonizzazione e un’economia sempre più circolare. Emblematica la vicenda della tassa sulle plastiche, dove si è deciso di affrontare una questione giusta ma trasmettendo l’idea che si volesse solo fare cassa, per poi essere costretti a una rapida marcia indietro una volta scoppiate le polemiche e senza essere capaci di trasmettere una chiara idea di come quel provvedimento fosse un tassello di una strategia che voleva accompagnare le imprese verso il recupero e il riciclo.

Addirittura pessime sono le scelte per quanto riguarda l’efficienza energetica in edilizia che troviamo nella Legge di Bilancio. Anche qui, mancando di obiettivi e priorità, si tratta di provvedimenti che hanno mandato in crisi la fiducia delle imprese e dei cittadini che volevano investire nella riqualificazione energetica dei condomini.

L’introduzione di un bonus per la sola tinteggiatura delle facciate, alternativo ma molto più conveniente dell’Ecobonus, lancia un segnale chiaro: in Italia le politiche possono cambiare e ora il risparmio energetico per le famiglie conta meno del rilancio dei cantieri. Per non parlare dell’abolizione dello sconto in fattura sempre su questo tipo di interventi, gestito da dilettanti allo sbaraglio.

Il problema è che in assenza di una forte regia da parte del governo anche il positivo fondo per gli investimenti green introdotto con la Legge di Bilancio rischia di risultare una scatola vuota.

Non basta mettere in fila i provvedimenti di spesa approvati e le buone intenzioni per superarlo. Un esempio emblematico è il Piano energia e clima che il governo si appresta a inviare alla Commissione europea. Possibile che gli obiettivi di questo strumento, che fissa la traiettoria degli impegni del nostro Paese per rispettare l’Accordo di Parigi sul Clima, siano rimasti gli stessi di quando al governo c’era la Lega di Matteo Salvini?

Sta diventando sempre più evidente l’errore commesso a Settembre da Pd e LeU nel non chiedere il ministero dell’Ambiente per segnare una vera discontinuità, e poi in questi mesi nel non avere una strategia di rilancio.

Eppure non passa giorno che studi e sondaggi non confermino come la crisi climatica e la scommessa ambientale siano i temi più efficaci con cui parlare alle persone, ma che oggi spetta alla politica far diventare una concreta speranza di cambiamento – con più treni per i pendolari, pannelli solari, cantieri per ridurre la spesa energetica negli edifici, interventi di messa in sicurezza di piazze e corsi d’acqua dalle alluvioni – e al contempo una visione per guidare il futuro del Paese. Dobbiamo augurarci che nel 2020 si riparta da queste sfide.

*Vicepresidente Legambiente