Il gigante non si ferma. Mai. Il profitto davanti alla salute. Il primo caso di positività di un lavoratore Amazon è di venerdì sera. Una addetta del magazzino di Passo Corese (Rieti) che dopo giorni di febbre e tosse ha un tampone positivo. Beffardamente si tratta dello stabilimento Amazon dove finora si erano registrate meno tensioni: nel più grande e storico di Castel San Giovanni (Piacenza) e a Torrazza (Torino) si era arrivati allo sciopero.

A Passo Corese lavorano circa 1.600 addetti di cui duecento interinali.  «Venerdì abbiamo inviato una segnalazione alla Prefettura e abbiamo richiesto un incontro urgente all’azienda anche perché le misure di protezione applicate ci risultavano già insufficienti», dichiara il segretario Fit Cisl di Roma e Lazio Marino Masucci. Nonostante la richiesta di una «risposta urgente», il gigante dell’e-commerce si comporta come al solito: nessuna risposta ai sindacati, i rapporti sono limitati ai soli Rsa (rappresentanti sindacali aziendali), tollerati dopo un lungo tira e molla. Amazon con una fredda nota ha comunicato che a Passo Corese si continua a lavorare come niente fosse successo. «Siamo vicini alla collega in quarantena a cui auguriamo una pronta guarigione: il centro di Distribuzione di Passo Corese è operativo. Sin dal primo momento, abbiamo lavorato a stretto contatto con le autorità locali per rispondere in modo proattivo alla situazione di emergenza, continuando a garantire il nostro servizio ai clienti e preservando allo stesso tempo la salute di tutti i nostri dipendenti». Come? Semplice, facendo ricadere la responsabilità sugli addetti stessi: «È estremamente importante che rimanga a casa chiunque non si senta bene o viva insieme a persone che hanno avuto la febbre nelle ultime 24 ore». Per il resto l’azienda si vanta di aver «aumentato le operazioni di pulizia, introdotto la distanza di sicurezza minima e richiesto ai corrieri di restare a distanza dai clienti quando effettuano le consegne».

Per ora niente sciopero da parte dei sindacati ma «continueremo ad utilizzare ogni strumento per dare sicurezza ai lavoratori», sottolinea Masucci.

La promessa di limitare l’attività ai soli «beni essenziali» non è assolutamente reale. «Si continua a lavorare tantissimo e noi continuiamo a chiedere di ridurre il numero di persone in azienda – racconta Beatrice Moia, Rsa della Filcams Cgil a Castel San Giovanni – . Dopo settimane di mobilitazione siamo riusciti ad avere l’applicazione del Protocollo con distanziamento agli ingressi e mascherine e l’istituzione di un comitato che verifichi l’applicazione delle norme, ma ancora non basta: serve ridurre l’attività ai soli beni essenziali».

Nel frattempo Amazon si fa bella con l’annuncio di «3,5 milioni donati all’Italia: 2,5 alla Protezione civle e 1 alla no profit sul territorio». Briciole rispetto ai profitti – 11 miliardi di dollari stimati nel 2018 su scala globale – ma con Jeff Bezos che prima ha venduto 3,4 miliardi di azioni prima della stretta negli Stati Uniti, per poi ricomprarle, salvando così 300 milioni di dollari.