Il successo del primo sciopero di filiera Amazon al mondo del 22 marzo costringe il colosso di Jeff Bezos a trattare con gli odiati sindacati. Ieri all’una al ministero del lavoro è andato in scena il tavolo – in presenza – tra Andrea Orlando, Filt Cgil, Fit Cisl e Uilt e i rappresentanti (in verità di seconda fascia) di Amazon Italia Logistica e Amazon Italia Transport più Assoespressi.

Il ministro Orlando ha tenuto il punto rispetto alle legittime richieste dei sindacati sintetizzate nella piattaforma unitaria che riunisce i 40mila lavortori che operano esclusivamente per Amazon in Italia – ma solo 9 mila sono diretti dipendenti, mentre i restanti sono in buona parte rappresentanti dai 19 mila rider che lavorano per aziende che operano in esclusiva per Amazon riunite da Assoespressi – con la richiesta della riduzione di turni, orari e pressione da algoritmo, aumento delle indennità notturne e festive.

«RIVEDERSI IN UN LASSO di tempo congruo per valutare l’avanzamento del confronto», è stato l’invito rivolto da Orlando alle parti. Se fra due mesi non ci saranno risultati, il ministro si è impegnato a «intervenire, decidendo quali azioni mettere in campo». «L’incontro – ha dichiarato Orlando – è di grande valore perché se è decisivo che si sviluppi il dialogo sociale, in un contesto come quello attuale è ancora più importante. Il fatto che si sviluppino relazioni industriali continuative, ordinate e proficue ha un effetto non solo sull’azienda, ma complessivamente sulla filiera. Quindi ci auguriamo esiti positivi», ha detto il ministro. «Quando si supera un modello che possiamo definire “tradizionale”, ci sono sempre degli aspetti positivi e dei punti critici che vanno gestiti», ha concluso.

GIUDIZIO POSITIVO DA PARTE dei sindacati. «Oggi abbiamo fatto un importante passo avanti, grazie all’intervento del ministro Orlando, ottenendo la disponibilità a riattivare il confronto – affermano unitariamente i segretari generali della Filt Cgil Stefano Malorgio, della Fit Cisl, Salvatore Pellecchia e della Uiltrasporti Claudio Tarlazzi – . Ci siamo dati un appuntamento tra due mesi per verificare, sotto l’egida del ministero, il raggiungimento di un’intesa sulla corretta applicazione delle normative sul lavoro e del contratto nazionale. Dal lato normativo – spiegano i tre segretari – chiediamo, secondo anche quanto previsto dalla contrattazione del nostro paese, il riconoscimento, in ogni sito produttivo e per ogni impresa anche in appalto, del ruolo del rappresentante dei lavoratori sulla sicurezza per il rispetto della normativa sulla salute e sicurezza sul lavoro e l’applicazione dei protocolli covid-19. Sulla contrattazione – spiegano infine Malorgio, Pellecchia e Tarlazzi – occorre definire un protocollo di relazioni sindacali, sulla scia della piattaforma di filiera, già illustrata ad Amazon ed Assoespressi negli incontri avuti a gennaio, sulla corretta applicazione del contratto nazionale per i dipendenti diretti e delle aziende in appalto, a partire dal confronto su ritmi, carichi e turni, sull’esercizio della contrattazione di secondo livello, sui temi di carattere economico, da estendere al lavoro interinale e precario».

CURIOSA COINCIDENZA temporale, ieri è arrivata anche una ipocrita lettera di Jeff Bezos agli azionisti Amazon, ultima da amministratore delegato, incarico che lascerà nel terzo trimestre dell’anno: «Nonostante quello che abbiamo fatto finora, mi è chiaro – scrive Bezos – che dobbiamo avere una visione migliore su come creare valore per i dipendenti, una visione per il loro successo». Bezos – che definisce «premuroso» il trattamento riservato ai lavoratori – ha fatto anche riferimento al referendum nella fabbrica di Bessemer in Alabama, dove i dipendenti hanno votato contro l’adesione al sindacato: «Abbiamo sempre voluto essere la società più concentrata al mondo sui consumatori e questo non cambierà. Saremo la migliore società al mondo e quella più sicura per lavorare», aggiunge Bezos. Ma la parola «sindacati», come al solito, è bandita dal vocabolario Amazon.