Duecentotrenanove rintocchi di campana nella notte di Amatrice. Uno per ogni vittima del terremoto che alle 3 e 36 del 24 agosto 2016 spazzò via mezzo Centro Italia, con 299 vittime in totale.

La commemorazione notturna di quell’evento è stata sostanzialmente disertata dalla classe politica italiana: s’è fatto vedere solo l’ex sindaco e attuale consigliere regionale del Lazio Sergio Pirozzi, ma la sua, in fondo, era una presenza scontata. Nessun esponente del governo tra le centinaia di persone presenti e, d’altra parte, in questo momento un governo nemmeno c’è. Lutti e ricordi, poco spazio per le polemiche, ma l’amarezza è tanta, perché ormai si sono resi conto tutti quanti che questa porzione d’Italia si sta spegnendo.

Ieri mattina, comunque, ad Amatrice si sono fatti vedere sia il segretario del Pd (e governatore laziale) Nicola Zingaretti sia il sottosegretario al sisma Vito Crimi. Il primo non ha parlato quasi per nulla del terremoto – i cronisti l’hanno incalzato soprattutto sulle trattative con l’M5S -, il secondo si è trovato a farfugliare spiegazioni raffazzonate per una ricostruzione che non è mai partita.

«Bisogna trovare dei metodi per accelerare – ha detto Crimi -, i primi di settembre avrei convocato delle riunioni per raccogliere delle proposte, ma tutto è subordinato al fatto che io abbia ancora l’incarico per farlo. Comunque la ricostruzione non è nell’agenda della trattativa di governo, c’è concorde e unanime direzione tra destra, sinistra e 5S». E quest’ultima cosa, in fondo, è vera. Nel senso che nessuna forza politica, negli ultimi tre anni, si è dimostrata in grado di saper fare qualcosa per questo territorio distrutto, in cui cinquantamila persone ancora aspettano una casa e in cui nessuna abitazione privata è stata rimessa in piedi.