Con una nota congiunta nella sera di venerdì 21 gennaio, il ministero dell’Istruzione e quello della Salute hanno comunicato a tutte le istituzioni scolastiche la possibilità di far partecipare in presenza gli alunni e le alunne con disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa) e con bisogni educativi speciali (Bes) anche qualora le rispettive classi si trovassero in quarantena. La nota 71 specifica che per poter continuare a seguire le lezioni in classe gli studenti non devono avere il Covid o sintomatologia respiratoria o febbre e gli insegnanti sono obbligati all’uso di mascherine ffp2 garantendo un «adeguato distanziamento interpersonale».

Questo provvedimento, che è arrivato dopo due settimane dalla ripresa dell’attività scolastica, fa riferimento al passato decreto del 2 marzo 2021 con il quale era stata introdotta la possibilità di svolgere l’attività didattica in presenza per gli alunni Dsa e Bes a scuola anche se la classe era in Dad. A differenza dello scorso anno però, quando fu emanato il primo decreto per la didattica in presenza per gli alunni con disabilità, le scuole erano tutte chiuse, con un lockdown generalizzato. In questo caso, dove il ricorso alla didattica a distanza avviene perché nella singola classe si sono manifestati uno o più casi di positività tra gli studenti, si costruisce nei fatti un diverso approccio, a seconda della tipologia di alunni, per il contenimento della pandemia.

Per questo la nota del 21 gennaio sta vedendo una levata di scudi da parte di molti dirigenti scolastici che secondo la nota dovrebbero garantire «ogni qualvolta possibile» la didattica in presenza per alunni Bes e Dsa. Come ha scritto ieri in un comunicato l’Anp (associazione nazionale presidi) «i dirigenti e i loro collaboratori non riescono più a occuparsi di questioni scolastiche ma esclusivamente di problemi sanitari e parasanitari. In un momento in cui sempre più alunni e studenti, colpiti dalla pandemia, avrebbero bisogno di particolari attenzione e cure». Molti dirigenti scolastici si domandano come possa essere consentito far rimanere in classe un alunno con disabilità che è entrato in contatto con un compagno positivo senza prevedere nessuno screening se non l’auto dichiarata assenza di sintomi, come chiaramente scritto nella nota. Un provvedimento quindi che se, da un lato, garantisce la scuola in presenza agli studenti più fragili non chiarisce come possa avvenire a fronte delle «severe misure restrittive finalizzate al contenimento della diffusione del virus».

Ancora una volta il bizantinismo della norma e delle sue possibili interpretazioni da una parte permettono al governo di parlare di «diritto costituzionale garantito» per gli studenti più fragili ma, dall’altra, sono in contraddizione con la normativa in vigore da gennaio e con le misure in essere nelle nostre scuole per il contenimento dei contagi, rimettendo alle autonomie scolastiche scelte che dovrebbero essere delegate ad altri.