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Altro che «riconciliazione nazionale», va arrestato. Ma c’è chi è felice

Altro che «riconciliazione nazionale», va arrestato. Ma c’è chi è feliceBlaise Compaore – Ap

«Disponibile» contro il jihadismo che affligge il Sahel. Ma il ritorno è «pura illegalità»

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 9 luglio 2022

Di fronte al ritorno di Blaise Compaoré in Burkina Faso, gli eredi delle vittime del colpo di stato del 1987 chiedono che «le autorità giudiziarie si assumano tutte le loro responsabilità». Maître Ambroise Farama, avvocato delle parti civili nel processo che appena tre mesi fa ha prodotto una condanna all’ergastolo per Compaoré, descrive una situazione di «pura illegalità».

DALL’ARRIVO dell’ex presidente, diverse organizzazioni della società civile si sono mobilitate per chiedere l’attuazione del mandato d’arresto, rifiutando qualsiasi possibilità di «grazia presidenziale». I sindacati dei magistrati invitano il presidente ad interim Damiba, garante costituzionale dell’indipendenza della magistratura, «ad adoperarsi incondizionatamente e senza indugio affinché vengano rispettate le decisioni giudiziarie».

«È uno scenario pietoso quello a cui stiamo assistendo, che mette in discussione tutto ciò che è stato costruito in otto anni per garantire che lo stato di diritto si radichi in Burkina Faso (…) la giustizia è screditata e soprattutto la riconciliazione non si può imporre» ha indicato Farama.

IL RITORNO su un volo privato noleggiato dalle autorità ivoriane è stato reso possibile dalla giunta al potere, ufficialmente «per colloqui con il presidente della transizione, tenente-colonnello Damiba, e gli ex presidenti Jean-Baptiste Ouédraogo e Roch Marc Christian Kaboré» che rientrano nel percorso di «dialogo nazionale» intrapreso da Damiba come tentativo di migliorare la situazione nel paese duramente colpito dai gruppi jihadisti in questi anni. Nell’ultimo attacco, la settimana scorsa, sono rimasti uccisi 30 civili uccisi.

SE DA UNA PARTE c’è stato l’entusiasmo dei suoi sostenitori e degli appartenenti al suo partito, il Congresso per la democrazia e il progresso (Cdp), dall’altra la maggior parte delle forze politiche e della società civile ha protestato per il suo rientro etichettandolo come «un attentato alla giustizia».

Dopo la fuga in Costa d’Avorio, lo stesso governo ivoriano gli aveva concesso la cittadinanza per impedire una sua possibile estradizione. Poi, nel 2015, la giustizia militare burkinabé aveva emesso un mandato d’arresto internazionale contro di lui per il suo coinvolgimento nella morte di Thomas Sankara.

Ma già nel 2019, quando il paese era afflitto da attentati terroristici di matrice jihadista, Compaoré scrisse una lettera all’allora presidente Roch Marc Christian Kaboré, dove esprimeva la sua «disponibilità» a sostenere tutte le iniziative per la promozione della pace e per sostenere la lotta contro il jihadismo.

In un comunicato, la presidenza assicura che «questo incontro non ostacolerà il procedimento giudiziario avviato nei confronti degli imputati», mentre il governo ivoriano (da sempre “protettore” dell’ex presidente e dell’altro latitante Hyacinthe Kafando, esecutore materiale dell’assassinio di Sankara) ha affermato di «aver ottenuto tutte le assicurazioni per evitare la sua reclusione».

DURA LA REAZIONE del partito di maggioranza dell’Unione per il Movimento Patriottico Rinascimentale/Sankarista (Unir- Mps) che in un comunicato stampa ha dichiarato: «Questa non è la strada giusta per ottenere l’unità nazionale, gli ideali rivoluzionari e di giustizia di Sankara sono morti con l’imbavagliamento della democrazia e la cultura dell’impunità».

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