Si fa presto a dire «i dipendenti parteciperanno agli utili». Lo ha fatto Fca giovedì e già ieri Fim Cisl e Uilm hanno firmato un testo di sole 4 paginette – una di testo, le altre tre di tabelle con le percentuali del bonus rispetto a risultato operativo, fascia contrattuale e tipo di stabilimento – per mettere nero su bianco la cifra di 600 milioni (in quattro anni) promessa da Marchionne che consentirà di «dare un po’ di salario in un momento in cui nessuna azienda fa contrattazione e non c’è più l’inflazione», come ammette Ferdinando Uliano della Fim Cisl.

Da qui a parlare – come qualcuno ha fatto – di «cogestione» e «modello tedesco» passa un oceano. Il Brennero non basta. Nei consigli di sorveglianza tedeschi siedono i sindacalisti che discutono alla pari le scelte del management aziendale. In Fca al massimo si parla – come nell’accordo firmato ieri – di «coinvolgimento delle persone di Fca nel raggiungimento degli obiettivi del piano industriale dell’azienda». Che Marchionne definirà senza concordare alcunché coi sindacati firmatari. Mentre nelle ancora non definite «commissioni di partecipazione» i sindacati firmatari potranno al massimo discutere della sola organizzazione del lavoro aziendale.

Spacciare le parole di Marchionne come una «svolta epocale» nelle relazioni sindacali è un’altra distrazione di massa per nascondere ben altre mancanze. Nonostante le rassicurazioni, dall’incontro di giovedì sono uscite ben poche certezze sui nuovi modelli che dovrebbero «saturare entro il 2018» gli stabilmenti italiani. Chi chiedeva l’annuncio del secondo modello da affiancare alla Panda a Pomigliano è rimasto deluso (così come i 1.200 operai che lavorano pochi giorni al mese al Giambattista Vico), allo stesso modo Mirafiori avrà solo il Suv Levante Maserati a fine 2015: un po’ poco per rimettere al lavoro 5.500 dipendenti. A Cassino ci sarà la nuova Alfa Giulia (che sarà presentata il 24 giugno ad Arese) ma anche qui nessuna notizia sui nuovi modelli per il rilancio – decisivo per Marchionne – del biscione.

In più la premessa del pre-accordo firmato ieri smaschera la strumentalità delle affermazioni sulla «svolta». «Il nuovo sistema retributivo – si legge nella premessa iniziale – si inquadra nel processo di modernizzazione delle relazioni industriali intrapreso dalle parti con la sottoscrizione del contratto del 2011». Nero su bianco, dunque, si ammette candidamente che la vera svolta fu il modello Pomigliano e non quella di ieri. Il vulnus è quello e nemmeno una sentenza della Corte costituzionale sembra essere riuscita a sanarlo.

Lo dimostra il fatto che la Fiom è tornata al tavolo della contrattazione, sì, ma sempre in seconda battuta: giovedì non c’era e non si sa se e quando verrà informata delle novità. In più i sindacati firmatari la tengono ancora esclusa dalle elezioni delle Rsa. E solo nelle meno importanti elezioni dei rappresentanti per la sicurezza – Rls – che si tengono dalla settimana prossima si tornerà a misurare la rappresentanza dei vari sindacati in modo totale. Altro che consigli di sorveglianza e partecipazione.