Altri sedici arresti in quella che ormai può essere definita la «Tangentopoli» turca, frutto di inchieste su corruzione, che stanno portando in carcere anche figli di ministri (altri due) e personaggi della vita economica del paese. Il premier turco Erdogan (nella foto Reuters) ha specificato di ritenere che «le recenti accuse contro il governo sono opera di soggetti internazionali e di loro subappaltatori locali; si tratta – ha aggiunto – di una manovra contro il governo, ma noi non ci faremo da parte. Non si tratta solo dell’Akp (il partito islamico di Erdogan, ndr) che diventa sempre più forte, la questione è che la Turchia diventa sempre più potente e questo disturba qualcuno. Ma sarebbe mai possibile triplicare le entrate pubbliche in un paese corrotto?». L’obiettivo di Erdogan è molto preciso e si tratta degli Stati Uniti. Il premier turco ha invitato l’ambasciatore americano a Istanbul, Francis Ricciardone, che aveva commentato la maxi inchiesta, «a pensare ai fatti suoi», ribadendo che «se cerca di controllare la nostra giustizia faremo quello che c’è da fare. Alcuni ambasciatori si comportano in modo provocatorio. Il mio messaggio è chiaro: non siamo obbligati a tenervi nel nostro paese».