L’intervento militare americano iniziato lunedì in Libia è in linea con la risoluzione Onu, la numero 2259 presa dal Consiglio di Sicurezza a sostegno del governo di accordo nazionale guidato dall’ex ministro gheddafiano che abbandonò il Colonnello nel 2011, Fayez al Sarraj, risorto come premier nel dicembre scorso dopo aver collaborato con l’inviato speciale delle Nazioni unite in Libia Bernardino Léon.

È questo il messaggio che arriva dal Palazzo di Vetro, dove si sottolinea come i raid «sono stati richiesti dal governo di unità nazionale» presieduto appunto da Sarraj.

Il messaggio è arrivato ieri come risposta alla presa di posizione dell’ambasciatore russo in Libia che aveva parlato, ieri nel primo pomeriggio, di bombardamenti Usa «fuori dall’ambito della legalità internazionale». In realtà nel giro di pochi minuti da Mosca il ministro degli Affari Esteri russo Serghei Lavrov aveva già preso le distanze dal suo ambasciatore.

La nota del Cremlino chiariva infatti che «la Russia ha sempre sostenuto la necessità di un’azione decisa per distruggere l’Isis e gli altri gruppi terroristici, ovunque si trovino, in stretta conformità con il diritto internazionale», ricordando casomai quanto sia essenziale – come ricorda l’agenzia Nova – «un coordinamento solido fra tutti gli stati impegnati nella lotta al terrorismo». Ma confermando anche che l’attività delle forze aeree statunitensi si svolge «su richiesta del Consiglio di presidenza del governo di accordo nazionale della Libia sostenuto dalle Nazioni Unite», Russia inclusa.

Il comunicato uscito ieri dal Palazzo di Vetro per rintuzzare l’incauto ambasciatore russo però nella sua seconda parte aggiunge una frase che non riguarda più Ivan Molotkov. Il testo redatto dal portavoce Onu Farhan Haq si chiude infatti esortando gli Stati membri «ad agire costruttivamente con il governo di accordo nazionale e a cessare di sostenere istituzioni parallele». Qui il riferimento, quasi esplicito, è alla Francia che sostenendo le operazioni militari del generale Kalifa Belqasim Haftar in direzione Sirte sostiene indirettamente anche il governo di Tobruk, grande sabotatore dell’accordo di unità nazionale sotto l’egida della comunità internazionale.

L’aiuto francese alle truppe del generale Haftar aveva passato il limite già a metà del mese scorso quando è divenuto di dominio pubblico con l’abbattimento di un elicottero a est di Bengasi nel corso di scontri tra le forze di Haftar e la milizia islamista denominata «Brigate di Difesa di Bengasi».

I tre incursori francesi periti in quella operazione che il ministro della Difesa Jean-Yves Le Drian ha rubricato come «incidente di elicottero» e il presidente François Hollande come «pericolose operazioni di intelligence» non ha sortito una condanna ufficiale dell’Onu pur essendo una operazione priva di qualsivoglia mandato internazionale in una zona di aspri combattimenti. Ora però l’Onu mette un altolà a Parigi, che già con il suo interventismo militare ha scatenato la guerra del 2011 contro l’alleato di Silvio Berlusconi, Muammar Gheddafi, senza preoccuparsi di una stabilizzazione a posteriori.

Ieri Barack Obama, sempre rispondendo indirettamente all’ ambasciatore russo, ha ricordato anche lui la richiesta di Sarraj e la risoluzione 2259. Aggiungendo che «molti paesi vogliono la stabilità della Libia». Secondo Fox news il presidente Usa ha autorizzato «l’iniziativa militare» per 30 giorni che solo lunedì ha voluto dire sette raid.