Studenti abbandonati a se stessi nei percorsi obbligatori di alternanza scuola lavoro dal terzo al quinto anno delle scuole superiori. Secondo il monitoraggio presentato ieri alla Camera dalla Rete degli Studenti medi (oltre 4 mila questionari somministrati a studenti di quarta) questa condizione ha riguardato il 15% dei ragazzi impegnati in un’attività che sarà tra quelle valutate per l’esame finale di maturità. Il 33% si sarebbe ritrovato come tutor un dipendente dell’azienda con altre mansioni; solo il 25% degli intervistati è stato seguito da un «tutor» con una delega specifica.

L’ESPERIMENTO di ingegneria sociale creato dalla «Buona Scuola» di Renzi e mirato alla trasformazione di 1,5 milioni di adolescenti italiani in precari in formazione nel settore pubblico e privato ha lasciato insoddisfatto uno studente su due. Il 74% dei liceali sostiene di svolgere l’alternanza fuori dall’orario scolastico, quelli che riescono a farlo sono solo il 16%. Un dato che rivela l’estraneità di questa esperienza rispetto al percorso scolastico. Giudizio positivo (4 su 5) dagli studenti degli studenti degli istituti professionali. La metà del campione (53,8%) sostiene di vivere nella «giusta maniera» il percorso, il 30% si dichiara completamente insoddisfatto, mentre il 27% sostiene che non intende cercare lavoro nei luoghi dove ha effettuato il tirocinio. Posizione che nega il valore «didattico» all’alternanza. Tra chi è insoddisfatto e chi nega l’utilità questa posizione accomuna, arriviamo a metà degli studenti: uno su due.

DAL MONITORAGGIO emerge l’indifferenza da parte delle aziende – non sembra delle scuole, che sono obbligate – a scegliere percorsi congruenti con gli studi e le attitudini degli studenti e a formare i «tutor» per seguirli. «Da un lato – sostiene Giammarco Manfreda (Rete degli studenti medi)- abbiamo le scuole che si basano esclusivamente sulla buona volonta’ dei professori; dall’altra, il mondo del lavoro che fatica a vedere nel progetto una risorsa per l’impresa e per il Paese. Serve un’inversione di rotta».

DOPODOMANI, venerdì 13 ottobre, gli studenti manifesteranno in 50 città e faranno uno «sciopero alla rovescia» contro l’alternanza scuola-lavoro. Lo ha ricordato l’Unione degli Studenti che ieri ha promosso uno «shitstorm» sulle pagine facebook di Confindustria e Miur social. Nel giorno in cui è stato sottoscritto un protocollo con la prefettura di Milano e Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro (Anmil onlus), gli studenti hanno ribadito in centinaia di commenti di «non essere merce» e «il ritiro degli sgravi fiscali per le aziende che hanno assunto gli studenti dopo l’alternanza scuola-lavoro». La richiesta è uno «statuto dei diritti per gli studenti e un codice etico per le imprese» sostiene la coordinatrice Uds Francesca Picci. Ieri la ministra Fedeli ha assicurato che una «carta dei diritti» è in arrivo. Nei mesi scorsi gli studenti hanno criticato il provvedimento.

L’INDIGNAZIONE e lo sconcerto per questo esperimento di massa stanno crescendo nella società italiana. Nei giorni scorsi è stato registrato il caso dello studente che si è rotto una tibia mentre guidava un muletto a La Spezia. C’è stato quello dei ragazzi di Viterbo cooptati per servire a una festa del Pd; le ragazze violentate in un centro estetico di Monza; gli studenti di Avellino a cui è stato chiesto di versare 200 euro per coprire le spese dei trasporti. Da ultimo l’accordo con «Fico», la Disneyland del cibo voluta da Oscar Farinetti a Bologna, che porterà 20 mila studenti «a lavorare gratis per l’amicone di Renzi» sostiene Giovanni Paglia (Sinistra Italiana) in un post su facebook «facendogli risparmiare 3 milioni di euro. Questo è caporalato legalizzato». Un’incertezza sul giudizio politico del percorso emerge anche nella Cgil che dal 4 settembre scorso promuove l’alternanza per 200 ragazzi in Brianza: il Majorana di Cesano Maderno, l’Europa Unita di Lissone e il Martin Luther King di Muggiò. E questo nonostante l’adesione della Flc-Cgil e della Fiom alle manifestazioni di venerdì.

IL PROBLEMA che sta emergendo dall’alternanza – la precarizzazione degli studenti scambiata per un tirocinio esistenziale alle «competenze trasversali e non professionali» – non può essere probabilmente risolto con la richiesta di regole per «perfezionare» un sistema che addestra una forza lavoro all’adattabilità al mercato, non formare una soggettività che afferma il proprio diritto a esistere. Dallo scontro tra due «modelli contrapposti» potrebbe nascere una critica politica alla ragione neoliberale che ispira entrambi.