Sfileranno stamattina in settanta città indossando la tuta blu dei metalmeccanici. Per gli studenti delle scuole superiori obbligati dalla «Buona Scuola» renziana a fare «tirocini non professionalizzanti» che non hanno valore di «apprendistato» il riferimento al segmento più influente della classe operaia è comprensibile. È stato usato ieri in un blitz mattutino dell’Unione degli Studenti alla sede romana di Confindustria. Ma una differenza rispetto a questo immaginario esiste. Per adolescenti che hanno a malapena compiuto 18 anni l’obbligo «formativo» che li sottrae dal tempo della didattica non corrisponde a un salario, ma alla sua promessa. Considerata il reale, e modesto, contenuto «formativo» di una simile esperienza, in concreto la renziana «Buona Scuola» li vuole addestrare a un’esistenza da passare tra un «lavoretto», un lavoro informale, gratuito, in nero, uno sporadico impegno a chiamata su una linea di montaggio, a servire patatine in un fast food o a dare consigli per gli acquisti in un iper-mercato.

È UN ESITO PREVEDIBILE, considerata la struttura del mercato del lavoro dove l’85% dei nuovi contratti sono a breve e brevissimo termine, e la forza lavoro è intesa come manodopera intercambiabile e generica a basso costo. Gli studenti non sono esattamente «operai», ma forza lavoro precaria di nuova generazione, la terza. Per loro il precariato è l’orizzonte insuperabile e la violenza sociale inizia da piccoli.

LO SCIOPERO di oggi, il primo della stagione autunnale, dovrebbe avere una peculiarità. Dalle parti dell’Uds si parla di uno «sciopero alla rovescia di 24 ore» che inizierà al pomeriggio, dopo le manifestazioni. Citando Danilo Dolci, sembra che questo voglia dire che i ragazzi che attualmente sono impegnati in un’azienda o nel pubblico andranno a «lavorare», ma troveranno un modo per bloccare le loro attività in segno di protesta contro gli abusi, le violenze sessuali, i gravi infortuni e il lavoro gratuito usato per sostituire il lavoro nei ristoranti che sono stati registrati negli ultimi mesi.

ALLA PROTESTA parteciperanno le sigle studentesche (dalla Rete degli Studenti e altre) e diverse federazioni della Cgil, a cominciare dalla Flc e dalla Fiom, oltre ai sindacati di base (Usb che è in polemica con la Cgil di Monza che ha avviato progetti di alternanza). È uno dei segni dell’indignazione crescente nella società italiana. Da quest’anno è previsto il coinvolgimento in questo sistema di 1,5 milioni di adolescenti, obbligati a partecipare perché l’«alternanza» rientrerà nel voto della maturità. Un sistema diabolico che introduce nella scuola una malintesa idea della «professionalizzazione» e una radicale trasformazione dell’insegnamento.

LA MINISTRA dell’Istruzione Valeria Fedeli sostiene che «gli studenti dicono cose sacrosante», ma che lei difende «il merito di questo strumento perché finalmente non è prerogativa di solo una parte del Paese, visto che in Italia si fa da anni quasi prevalentemente dagli istituti tecnici-professionali». Da quello che si capisce in questo ragionamento, per la ministra l’obbligo dei liceali a spendere 200 ore (400 per i professionali) della loro vita ristabilisce una forma di «uguaglianza» tra gli studenti all’interno di un pensiero unico: l’istruzione esiste per insegnare a lavorare [education-to-work], variante neoliberale del welfare-to-work.

GLI SCONTENTI
, ha aggiunto Fedeli, possono premere un «punto rosso» sul sito dell’alternanza. Basta premerlo «per segnalare le criticità». E, magicamente, il mondo cambierà in meglio.