Opporsi alla grande, inutile e dannosa Tav che buca le montagne della Val Susa è ormai, e per fortuna, diventato persino senso comune.

Decenni di lotte durissime e solitarie prima di arrivare finalmente al convincimento di una larga maggioranza di cittadini. Anche grazie alla “grande opera” di informazione capillare e autorevole.

Proprio per questo le recenti e continuate azioni di sabotaggio delle linee ferroviarie usate normalmente dagli italiani (e specialmente in questi giorni di feste natalizie) sono il modo migliore per togliere consenso a tutto quello che il movimento NoTav ha saputo costruire negli anni.

Bruciare i cavi nei pozzetti che alimentano la circolazione dei treni sono sì un “atto dimostrativo”, ma di cretinismo politico di rara natura. Che ben s’accoppia con gli allarmismi del nostro ministro delle Infrastrutture che grida al “terrorismo”. Senza che (finora) ci sia stata rivendicazione, e con quella scritta NoTav che non si capisce da quanto tempo fosse lì. Più accorto si è dimostrato il presidente Renzi parlando di “sabotaggio”.

Oltretutto mettendo stracci imbevuti di benzina lungo la ferrovia non si bruciano solo i cavi dell’alta tensione elettrica, ma si toccano anche quei nervi scoperti della memoria collettiva messa a dura prova nei momenti più tragici e bui della nostra storia. Come avvenne nei giorni di Natale con il treno 904 una trentina d’anni fa.

Certo la ribalta mediatica è assicurata, ma lo sono anche le maledizioni delle migliaia di persone che in queste ore si mettono in viaggio con già abbastanza problemi da risolvere e con nessuna voglia di doverne sopportare un carico aggiuntivo.

Da parte di chi, magari, pensa di praticare scorciatoie che come sempre nella storia finiscono su un binario morto.