Acque agitate tra Guyana e Venezuela per un tratto di mare conteso. Il presidente Nicolas Maduro ha chiamato per consultazioni l’ambasciatore di Guyana e ha accusato gli Stati uniti di voler aizzare un «conflitto di alta intensità» con la complicità della Colombia. Anche il ministero degli Esteri colombiano, infatti, ha protestato per l’approvazione di un decreto, approvato a maggio in Venezuela, che istituisce «zone di difesa integrale» sugli spazi marittimi contesi. Il casus belli è stato innescato dalla multinazionale Usa Exxon Mobil, che ha ottenuto dal governo della Guyana il permesso di estrarre petrolio nelle acque considerate di pertinenza venezuelana. Maduro ha annunciato che ricorrerà a tutte le istanze internazionali, e che «parlerà personalmente» con il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. Ha anche chiesto al rappresentante dell’Osa, che ora è l’uruguayano Luis Almagro, di far rispettare gli accordi di Ginevra e di indire una riunione di mediazione fra le parti. E ha sollecitato l’intervento della Celac.

Il conflitto viene da lontano, data di 150 anni e riguarda un’area di 160.000 km quadrati chiamata Esequibo, pari a tre quarti del territorio della Guyana. Maduro rileva che nel trattato di arbitraggio sulla contesa territoriale furono presenti solo le potenze colonizzatrici, ma nessun rappresentante diretto del Venezuela. Nel 1966, quando la Guyana ottenne l’indipendenza dal Regno unito, si firmò l’accordo di Ginevra, ma il contenzioso è ancora aperto. «E’ difficile avere una relazione alla pari con gli Stati uniti – ha detto Maduro – perché le lobby che influenzano il Pentagono vogliono dominare il mondo, mirano alla ricchezza del Venezuela, vanno dovunque ci sia ricchezza petrolifera. Inoltre hanno la ferma intenzione di destabilizzare e distruggere l’esempio che rappresenta in America latina la rivoluzione bolivariana e socialista del XXI secolo». Quindi, il presidente venezuelano si è rivolto anche all’opposizione che in questi anni ha cercato di cavalvare la questione accusando Chavez e poi Maduro di essere troppo arrendevole con il precedente governo della Guyana, e di aver cercato sempre la trattativa e non la forte rivendicazione. «E’ la patria che adesso è in gioco, è la sovranità del Venezuela ad essere in gioco – ha detto Maduro – questo non è un argomento elettorale, né di partito, ma un tema della nazione intera». Tuttavia, evidentemente Maduro cerca di togliere un altro argomento alla Mesa de la Unidad Democratica (Mud), in vista delle prossime e decisive elezioni parlamentari, fissate per il 6 dicembre.

Entrambi gli schieramenti hanno da poco concluso le loro primarie. Quelle dell’opposizioni – parziali e in maggioranza blindate – si sono chiuse nelle polemiche: l’ultima in ordine di tempo ha riguardato la partecipazione delle donne. Il Consiglio nazionale elettorale ha approvato la decisione adottata dal governativo Partito socialista unito del Venezuela (Psuv) diimporre candidature di genere per la metà dei rappresentanti politici (e comunque non meno del 40%). Hanno esultato anche le donne della Mud, che avevano denunciato la forte penalizzazione di cui soffrono nel loro schieramento. Le primarie del chavismo, nonostante l’acceso dibattito interno che ha portato alla fuoriuscita di una parte dei militanti, decisi a correre da soli nelle fila di Marea Socialista – hanno fatto registrare una partecipazione record. Oggi scade il termine per iscriversi al registro elettorale. In Venezuela il voto non è obbligatorio, ma dall’elezione di Hugo Chavez a oggi, in 15 anni è diventato un formidabile strumento di partecipazione popolare e ha sempre fatto registrare livelli di presenze altissime, incomparabilmente superiori a quelli che caratterizzano le elezioni in Occidente.

Ma l’opposizione oltranzista, capitanata da alcuni ex golpisti come il leader di Voluntad popular, Leopoldo Lopez, in carcere, preme affinché vi sia un intervento esterno contro Maduro. Lopez ha inviato anche di recente una lettera all’Osa. Almagro, ex ministro degli esteri uruguayano e presidente dell’Osa ha chiesto di far visita a Maduro, dopo anni di tensione che hanno caratterizzato la gestione del suo predecessore Miguel Insulza. L’opposizione vuole che, fra le migliaia di osservatori che presenziano alle elezioni, la parte principale sia quella dell’Osa e dell’Unione europea e che si escludano i rappresentanti degli organismi regionali come Unasur.
Intanto, Repsol e Eni hanno attivato il primo pozzo di gas nel megacampo Perla, il principale giacimento nella storia della compagnia spagnola e il più grande dell’America latina.