Colpo di scena in Francia, per la conquista di uno degli ultimi fiori all’occhiello dell’industria nazionale transalpina: lo Stato entra nel capitale di Alstom, attiva nel settore dei trasporti (produce il Tgv, tram, metro) e dell’energia (turbine a gas e idroelettriche, anche per l’energia nucleare, eolico). L’azionista pubblico ha acquisito il 20%, comprando i due terzi della partecipazione di Bouygues. Lo ha annunciato il ministro dell’Economia, Arnaud Montebourg.

Il ministro ha fatto capire che la scelta dell’alleato sarà l’americana General Electric, come voleva fin dall’inizio la direzione di Alstom. Montebourg, che aveva difeso l’ipotesi di un accordo con la tedesca Siemens (che per la scalata si è alleata con la giapponese Mitsubishi), ha dovuto cedere. Ma lo ha fatto con «vigilanza patriottica» – «dura ma necessaria» – ha assicurato. Lo Stato francese sarà così il principale azionista di Alstom e l’accordo dovrebbe garantire gli investimenti in Francia, «la creazione di posti di lavoro», il mantenimento a Parigi del centro decisionale del gruppo, evitando la svendita dei brevetti e rafforzando il polo ferroviario.

Ci sarà una «co-impresa» con gli americano, in particolare nel nucleare. Secondo il ministro, un’intesa tra Alstom e Siemens si sarebbe «scontrata con le regole della concorrenza» di Bruxelles: per Montebourg, che è un euroscettico, è la scusa per accusare la Commissione Ue di essere «il principale ostacolo alla creazione di campioni europei» in campo industriale. Nei fatti, un accordo con Siemens sarebbe stato solo relativamente “europeo”, visto che i tedeschi si erano alleati con i giapponesi per affinare l’offerta.

Resta il fatto che il governo ha limitato i danni, evitando alla Francia di perdere uno dei suoi fiori all’occhiello. Il consiglio di amministrazione di Alstom avrà l’ultima parola, si è riunito già ieri sera ma dovrà comunicare la sua decisione solo lunedì. Il primo ministro Manuel Valls, venerdì mattina, si era già congratulato con se stesso: «Alstom sarebbe senza condizioni nelle mani di General Electric da mesi se noi non fossimo intervenuti». Lo Stato francese potrà così difendere gli “interessi nazionali”, soprattutto nel nucleare: fornisce le turbine a vapore a Areva, il “campione” francese della costruzioni di centrali.

La Francia riesce così ad evitare che le scelte in questo delicato settore possano venire decise in un altro paese. Per esempio, Areva potrà continuare a vendere le turbine Alstom anche a paesi posti nella “lista nera” dagli Usa (un modo per pararsi le spalle, in piena crisi Bnp, minacciata dagli Usa di una mega-multa di miliardi per aver fatto affari e dato dollari a Cuba e Iran, paesi proscritti negli Usa).

L’accordo con General Electric prevede delle co-imprese a 50-50 non solo nel nucleare, ma anche nelle turbine a vapore, per la transizione energetica e nel campo delle rinnovabili. L’opzione del governo a favore di General Electric arriva pochi giorni dopo la presentazione del progetto di legge sulla transizione energetica, preparato dalla ministra dell’ecologia Ségolène Royal, che prevede una diversificazione, senza però prendere per il momento decisioni drastiche sulla riduzione della parte di nucleare nella produzione di energia elettrica (la Francia ha 19 centrali con 58 reattori, Hollande ha promesso una riduzione dal 75% attuale al 50% entro il 2025, ma finora i dettagli non sono ancora stati definiti, neppure sulla chiusura della centrale più vecchia, Fessenheim, che ha 40 anni).

Alstom ha 93 mila dipendenti nel mondo, di cui 18 mila in Francia (in Italia, Alstom Power ha un sito a Sesto San Giovanni e uno a Savigliano (Cuneo), con oltre mille dipendenti, dove è stato progettato il Pendolino e che ha il business manutenzione del gruppo).