Mille euro lordi di incentivo per andare via. Verso la mobilità, la cosiddetta Naspi. I dipendenti di Almaviva – nelle sedi dove sono individuati gli esuberi, e cioè Roma, Palermo e Napoli – si sono visti recapitare ieri una lettera che li ha sorpresi non poco: l’azienda dei Tripi, colosso multinazionale dei call center e dei servizi per la pubblica amministrazione, dopo l’accordo firmato a Roma il 31 maggio, ora propone 1000 euro lordi di buonuscita. Comprensivi, peraltro, di 250 euro a titolo di transazione sul pregresso. La somma, se si considera che la gran parte degli addetti lavora part-time, equivale più o meno a uno stipendio. Non c’è da scialare.

Certo gli operatori dei call center non sono manager o dirigenti bancari, ma sicuramente si sarebbero aspettati cifre più generose, se non altro coerenti con i loro redditi. Che anche quando sono falcidiati dalla cassa e dalla solidarietà raggiungono comunque livelli dignitosi: l’anno scorso, in vista di un altro possibile esodo volontario, si erano messi sul piatto 5 mila euro.

«In riferimento al recente accordo di solidarietà difensiva sottoscritto in data 31 maggio 2016 e alla relativa dichiarazione di esubero in esso contenuta, l’Azienda, al fine di continuare a gestire tale esubero attraverso strumenti non traumatici, sta valutando la possibilità di agevolare eventuali uscite volontarie»: è la spiegazione fornita all’inizio della comunicazione ai dipendenti. Gli esuberi a cui si fa riferimento sono quelli che risultano calcolando la solidarietà attualmente applicata (al 45% a Palermo e Roma, al 35% a Napoli), pari a circa 2400 unità. Un numero inferiore rispetto ai 2988 individuati lo scorso marzo, che si erano tradotti in altrettante procedure di licenziamento, poi revocate con l’accordo.

Chi lo desidera, potrà quindi decidere volontariamente di andar via, prendendo i 1000 euro lordi insieme al tfr, e firmando però contestualmente una conciliazione sul pregresso: «Al personale interessato – prosegue la nota di Almaviva – è riconosciuto un incentivo, in caso di adesione alla procedura di riduzione del personale, pari a un importo complessivo lordo di 1.000 euro inclusivo di una somma a titolo di transazione generale novativa pari a 250 euro».

L’accordo firmato il 31 maggio prevede d’altronde di conservare il posto di lavoro, ma accettando nuovi periodi di solidarietà e cassa: dopo i 18 mesi della sua durata, però, si può essere comunque a rischio, visto che è previsto che gli esuberi si riducano dagli attuali 2400 fino a 1100. L’intesa dispone che i primi 6 mesi siano gestiti con la solidarietà, nelle percentuali su citate. In caso di commesse lavorate su più siti, i picchi di attività verranno spalmati dalle sedi non coinvolte (Rende, Catania e Milano) a quelle in esubero, per moderarne l’impatto.

L’azienda si è impegnata comunque a garantire che il reddito di ciascun addetto resti entro la soglia che assicura gli 80 euro “renziani”. Trascorsi i primi 6 mesi, ne scattano altri 12 di cassa straordinaria. In questo periodo Almaviva si impegna «a ridurre gradualmente – su base trimestrale e in misura non inferiore al 5% – il ricorso alla cassa, fino al raggiungimento del 20%».

A Palermo attendono con fiducia gli sviluppi: «Abbiamo accettato nuovi sacrifici pur di conservare il nostro posto – spiega Alice Violante, della Uilcom Uil – Nel contempo speriamo che il governo mantenga tutte le sue promesse e metta ordine nel settore, in modo che l’azienda possa tornare a competere al meglio sul mercato».