Si complica la vertenza dei call center, con quasi 4 mila operatori che rischiano di perdere il posto: i tavoli convocati negli ultimi due giorni dal ministero dello Sviluppo – con i lavoratori di Almaviva, Gepin, Uptime e Gruppo Abramo che non hanno mai smesso di manifestare in tante piazze italiane – hanno tentato di individuare una soluzione, che però per il momento resta lontana. La viceministra Teresa Bellanova ha chiesto sia a Gepin che ad Almaviva di sospendere le procedure di licenziamento avviate (riguardano rispettivamente 427 e 2988 dipendenti), ma già per il caso Gepin si è aperto un «giallo» che suona come una beffa: mentre il ministero e la stessa azienda sui giornali hanno annunciato che la procedura è stata sospesa, la Cgil nota che la sola disponibilità verbale non blocca nulla, e che in assenza di un accordo di proroga siglato con il sindacato il licenziamento resta in vigore, e segue perciò il normale iter.

Nel frattempo si è aggiunta una nuova emergenza: riguarda 250 lavoratori del Gruppo Abramo, a Lamezia Terme, che rischiano il posto dopo che Poste Italiane ha assegnato a un altro soggetto la loro vecchia commessa. Poste, insieme a Enel, è sotto accusa da parte del sindacato: «Le loro commesse a prezzi stracciati, 0,29 cent al minuto per Poste e 0,36 per Enel – dice Michele Azzola, segretario nazionale Slc Cgil – hanno creato grossi problemi nelle imprese di outsourcing che applicano le regole, perché non coprono i contratti nazionali: il minimo su cui si può lavorare senza prevedere abusi è 0,45».

Una distorsione del mercato causata dal massimo ribasso, dalle delocalizzazioni, dalla non applicazione della clausola sociale che imporrebbe di rilevare i lavoratori insieme alla commessa che ci si è aggiudicati.

Ieri la viceministra Bellanova e il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone (entrambi del Pd) hanno proposto una sorta di «Patto» al tavolo Almaviva: in cambio di una soluzione ai problemi di distorsione della concorrenza, il gruppo dovrà «fermare le procedure di licenziamento». Avrà disponibili ammortizzatori sociali per almeno un anno e mezzo.

Almaviva ha mostrato «apprezzamento» per la proposta, dando l’ok a proseguire la trattativa. Si è deciso di procedere con due tavoli – lunedì 18 con i sindacati, e poi il 20 con l’esecutivo – per «verificare la possibilità di sospendere la procedura in corso, senza mettere ad ulteriore rischio l’equilibrio aziendale». Ma la Cgil ha invece reagito con durezza: «Le proposte del governo sono le stesse di sempre, fumo mosso con la manovella», commenta Azzola di Slc Cgil.

Bellanova elenca le misure messe in campo dal governo: «La clausola sociale è realtà, ora va realizzata nell’intesa tra le parti. Ho già proposto la premialità per le imprese committenti che si impegnano a restare sul territorio. Abbiamo cancellato il massimo ribasso e ora chiediamo di legare nei bandi l’offerta economicamente più vantaggiosa al rispetto del contratto nazionale». Il governo propone poi un «Fondo per l’innovazione» e promette di «intensificare le ispezioni anti-evasione e sul rispetto dell’articolo 24-bis (quello contro le delocalizzazioni, ndr), inasprendo le sanzioni».

«Sono proposte perlopiù irrealizzabili – risponde la Slc Cgil – Come funzionerà la moral suasion rispetto alla clausola sociale o al rispetto dei contratti nazionali con dei gruppi privati, se Poste ed Enel, a controllo pubblico, si ostinano a non ascoltare gli appelli del governo? E la “premialità” quando e come verrà realizzata in concreto? Lo stesso per i controlli: anche quando li hanno fatti, non hanno mai erogato neanche una sanzione».

La Cgil teme che gli ammortizzatori sociali varati quasi ad hoc per Almaviva – un anno in deroga per chi firma accordi di solidarietà – possano portare l’azienda a proporre, lunedì prossimo, un piano che mira solo a rinviare i licenziamenti: «Sei mesi di solidarietà solo per le tre sedi in cui hanno artatamente concentrato gli esuberi, poi un anno di cassa a zero ore: così avrebbero già individuato chi resterà fuori nel 2017. E nel frattempo apriranno la sede in Romania, progetto su cui stanno lavorando».

Il sindacato proporrà un’altra ricetta: «Solidarietà di sei mesi spalmata su tutti i dipendenti e rinuncia alla delocalizzazione in Romania. Inoltre – conclude Azzola, – chiediamo che il governo lavori con Agcom per una delibera che fissi parametri di qualità più alti per i servizi ai clienti, come per tutti i paesi avanzati. Così i committenti saranno obbligati a remunerare meglio servizi migliori».