«Non solo il governo ci ha praticamente accusati di essere i responsabili del licenziamento di 1666 persone, ma sinceramente come Rsu non mi sono sentito coperto neanche dalla mia organizzazione. A questo punto fare un referendum è il minimo, anche se credo che ci si sarebbe dovuti impuntare per far sospendere la trattativa e andare al voto prima». Massimiliano Montesi è delegato della Slc Cgil, è uno dei tredici che alle tre di notte di giovedì scorso ha detto no all’accordo con Almaviva.

Cominciamo dal racconto di quella notte. L’accordo da chi è stato elaborato?
Quando tutto era in stallo, è stato il governo a venire dalle parti con un accordo praticamente già scritto. Un testo che recepiva tutti i temi proposti dall’azienda, in particolare il taglio del costo del lavoro e il controllo della prestazione individuale. In più: 3 mesi di cassa integrazione a scalare – dal 100% a zero ore al 70% e poi al 50% – prevedendo che se entro il 31 marzo 2017 non si fosse arrivati a un’intesa, l’azienda avrebbe potuto procedere ai 2.511 licenziamenti già previsti nella procedura.

È l’accordo a cui poi avete detto no. Come mai?
Intanto va detto che un sindacato che firma una intesa su una futura trattativa, ma in cui sono già previsti dei licenziamenti, li sta praticamente avallando. E questo potrebbe creare tra l’altro problemi a chi in futuro volesse impugnarli. Abbiamo detto no perché avevamo ricevuto un preciso mandato dalle assemblee a non trattare su taglio dei salari e controllo della produttività individuale: erano ritenuti temi indisponibili.

Ma erano venuti tutti i lavoratori alle assemblee? Alcuni contestano che le assemblee non rappresentano tutti.
Noi abbiamo fatto assemblee al call center fino a una settimana prima delle trattative, abbiamo coperto tutti i turni: poi è chiaro che quando hai la solidarietà al 45%, e se conti anche le ferie o le malattie, non puoi avere proprio tutti. Però chi era a quelle assemblee era d’accordo con noi, e la linea che abbiamo portato era quella delle segreterie nazionali. Abbiamo chiesto un preciso mandato, avvertendo chiaramente sui rischi: attenzione, abbiamo detto, perché se non si arriva a un accordo poi potrete ricevere le lettere di licenziamento a casa. A quel punto non venite a cercare noi, perché ci state dando un mandato preciso.

E invece sono venuti a cercarvi, molti accusano voi Rsu di essere i responsabili di quel che è accaduto al ministero dello Sviluppo.
Ad accusarci sono stati alcuni tweet del governo, i tg nazionali. Non i lavoratori che ci hanno dato quel mandato, sarebbe assurdo d’altronde. È vero però che adesso tanti stanno cambiando idea sull’opportunità o meno di accettare un accordo con l’azienda, e questo è sempre legittimo: non a caso noi faremo un referendum. Certo che quel referendum sarebbe stato meglio farlo prima, quando avevi la proposta di accordo in mano.

Ma infatti il sindacato ha chiesto di sospendere il tavolo e andare alle assemblee.
Certo, è stato chiesto. Ma quando azienda e governo hanno detto no, ci si sarebbe dovuti impuntare di più. Tanto più se non hai ottenuto nulla di quanto era nella tua piattaforma: dovevamo chiedere un nuovo mandato, invece di provocare lacerazioni e accordi separati tra le due sedi di Roma e Napoli. Ma invece di tenere il punto, si è reputato di far firmare quell’accordo con la chiamata nominale delle Rsu. Puoi immaginare come ti senti se ti chiamano per nome e cognome a dire sì o no al licenziamento dei tuoi colleghi. Però noi avevamo ricevuto un preciso mandato, con tanto di riprese pubblicate sui social. Se l’avessimo tradito ci avrebbero praticamente menato.

Mandato a parte, personalmente cosa pensi dell’accordo? E cosa credi che prevarrà al referendum di martedì prossimo?
A me quell’accordo non piace perché sancisce dei licenziamenti, e poi siamo veramente stanchi di subire: da sei anni siamo sotto ammortizzatori sociali, e adesso ci propongono condizioni peggiorative – che Almaviva vuole estendere a tutti i suoi siti italiani – mentre si aprono nuove sedi in Romania e si assumono interinali a Milano e Catania. Non so cosa passerà al referendum, e chiaramente non mi impunterò sulle mie idee personali se nel frattempo la maggioranza delle persone ha cambiato idea. Il timore è comunque che si voglia solo allungare la nostra agonia, e che quei licenziamenti non troppo lontano nel tempo arriveranno lo stesso, mentre grazie alle nostre lotte l’azienda ha ottenuto la nuova normativa contro le delocalizzazioni e 30 milioni di ammortizzatori. E per giunta ci chiede pure tagli ai salari e controlli a distanza.