Il confronto nell’Unione e nel nostro paese su Mes ed Eurobond oscura le problematiche economico-sociali più significative che il coronavirus sta prospettando in tutto il mondo. Le ultime previsioni del Fmi confermano che sta iniziando la recessione mondiale più grave dal 1929 che si aggancia, peraltro, a quella del 2008. Si aggiungono prospettive di mutamenti profondi negli stili di vita e nel senso comune dell’opinione pubblica su aspetti rilevanti della convivenza sociale.

In Europa, la corona-crisi potrebbe diventare anche il red rationem per il processo unitario; tuttavia l’agenda su cui si stanno scontrando i governi rimane condizionata da logiche elettorali contingenti.

La costruzione dell’Unione europea già particolarmente patito la globalizzazione non governata e gli squilibri Stato-mercato che hanno colpito maggiormente i suoi paesi di piccole e medie dimensioni. Adesso, il frazionamento economico e istituzionale dell’Ue e le sue politiche di rigore ragionieristico incongruamente applicato alla macroeconomia stanno indebolendo il contrasto alla corona-crisi. In questa situazione di grandi mutamenti, il confronto tra Mes ed Eurobond assume meno rilevanza di quanta gliene viene attribuita.

Pur con gli aggiornamenti che vengono proposti, i due strumenti rimangono molto diversi. Il MES risente della visione di rigorismo controproducente che ha frenato il processo unitario. Nell’Eurogruppo del 9 aprile, la prospettata riduzione delle sue condizionalità ne attenua la natura vessatoria, ma si conferma che “In seguito, gli Stati membri dell’area dell’euro rimarranno impegnati a rafforzare i fondamentali economici e finanziari, in linea con i quadri di coordinamento e sorveglianza economica e fiscale dell’Ue, compresa l’eventuale flessibilità applicata dalle istituzioni UE competenti.” Dunque la ridotta condizionalità è a tempo!

Gli Eurobond, invece, pur limitati alle necessità indotte dalla pandemia (Coronabond) costituirebbero un salto di qualità adatto a contrastare la corona-crisi e a rilanciare su nuove basi la costruzione europea. Tuttavia anche nell’ambito degli strumenti già utilizzati nell’UE, sono altri quelli che si stanno dimostrando più decisivi.

La Bce sta già intervenendo a sostegno dei paesi membri in ragione dei loro specifici bisogni generati dalla corona-crisi. L’acquisto di titoli pubblici nazionali sui mercati secondari per 1150 miliardi di euro entro il 2020 (ma non si escludono aumenti) non è più vincolato alla partecipazione di ciascun paese al capitale della Bce. I Collaterali accettati a garanzia dalla Bce per i prestiti alle banche ordinarie si sono ampliati a quelli con basso rating come quelli greci, dando anche un sostegno a tutti i titoli di stato dell’Eurozona.

Mentre nell’Eurogruppo non si riesce a parlare di Eurobond, titoli di paesi europei sono già nel bilancio della Bce per 2200 mld. Naturalmente, il mercato primario dei titoli (dove la BCE oggi non può intervenire) e quello secondario sono diversi, ma stanno diventando sempre più comunicanti.

D’altra parte, non è un caso se il nostro spread sia su valori molto più bassi rispetto al 2011 quando la situazione era meno grave. Dunque la Bce sta già facendo interventi simili a quelli sui quali i rappresentanti governativi nell’Eurogruppo stanno animatamente discutendo e che nel nostro paese stanno spaccando la maggioranza.

Tuttavia, la Bce e la politica monetaria non possono risolvere, da sole, i problemi strutturali accentuati dalla corona-crisi riguardanti le condizioni dell’offerta e della domanda nell’economia reale. La liquidità, comunque fornita (Coronabond, Mes, altri prestiti statali o europei) in diverso modo aiuta a risolvere le impellenti esigenze finanziarie. Tuttavia, le difficoltà strutturali dell’offerta (l’accresciuta fragilità dei sistemi produttivi generata dalla combinazione tra delocalizzazioni e protezionismi) e della domanda (la riduzione dei redditi interni e del commercio internazionale), non sono risolvibili con iniezioni di liquidità che, invece, calando i livelli produttivi, alimentano bolle finanziarie.

Gli squilibri tra la riduzione dell’offerta e la crescente liquidità potranno dar luogo a variazioni differenziate, anche in aumento, dei prezzi settoriali che potranno convivere con spinte recessive e depressive, alimentando nuovi fenomeni di reces-flazione e depres-flazione. Per contrastare questi nuovi squilibri, i mercati avranno ancora più bisogno dell’interazione con le istituzioni e per l’Eurogruppo sarebbe prioritario occuparsene.

Tra gli «effetti collaterali» del Coronavirus c’è anche la conferma di quanto sia incongruente la logica del «divorzio» tra Banca centrale e Tesoro. Gli Usa e la Gran Bretagna stanno recuperando lo strumento del finanziamento monetario della spesa che può sostenere l’offerta e la domanda senza alimentare bolle finanziarie. Mettere nell’agenda dell’Ue anche questo punto sarebbe più lungimirante che discutere di Mes e Eurobond.