«Volete aiutarci? Bloccate la produzione di cocaina in Colombia». Duro scontro al Consiglio permanente dell’Organizzazione degli stati americani (Osa) tra il governo di Nicolas Maduro e i paesi che, come la Colombia, hanno sostenuto la lettera voluta dal Segretario generale Luis Almagro per sospendere il Venezuela dall’organismo. Un testo che avrebbe messo sotto tutela le istituzioni bolivariane, stravolgendone la legalità.

PER ALMAGRO, Maduro avrebbe anche dovuto indire elezioni «entro 30 giorni» (il suo mandato scade nel 2018) e liberare i politici in carcere, condannati per gravi reati: pena l’imposizione di un blocco simile a quello contro Cuba, espulsa dall’Osa nel 1962 e poi riammessa nel 2009, ma tutt’ora volontariamente assente. Insieme ai paesi dell’Alba, Cuba ha lodato la resistenza di Caracas all’Osa.

LA LETTERA ha raccolto il consenso di 14 paesi, poi saliti a 20 (su un totale di 35) ma, nonostante l’ammorbidimento del testo, non è riuscita a ottenere il consenso dei 2/3, necessario per la votazione. Il Venezuela resta nel mirino, ma per ora la parola rimane alla mediazione politica, messa in atto sotto l’egida della Unasur e del papa Bergoglio. Una situazione complessa che ha messo in evidenza il mutato clima nella regione dopo il ritorno delle destre nei due giganti latinoamericani, il Brasile e l’Argentina.

LA PRIMA grande prova dell’amministrazione Trump nel Latinoamerica e nei Caraibi. Usando le sue pedine principali – i paesi governati a destra – Washington ha cercato di cooptare anche i paesi dell’area Petrocaribe, ai quali Caracas eroga petrolio a basso prezzo e senza condizioni.

UN’OPERAZIONE avviata da tempo con la manipolazione su larga scala del prezzo del barile, per «fare urlare» l’economia del Venezuela, che custodisce le prime riserve di petrolio al mondo. In quel contesto, il Messico si è proposto come sostituto con Petrocaribe, ovviamente in base al modello Fmi e non agli interscambi solidali che regolano gli organismi regionali guidati da Cuba e Venezuela. Caracas ha però capovolto le sorti, con un gran lavoro diplomatico con i paesi Opec e non Opec a partire dalla presidenza del vertice dei Non allineati.

ANCHE IN QUESTO CASO, Caracas – che già l’anno scorso aveva schivato un’analoga operazione di Almagro e delle destre – ha fatto sfoggio di diplomazia, riuscendo in parte a disinnescare il nuovo siluro. E ha chiesto che l’Osa discuta delle misure xenofobe di Trump.

INTANTO, in Venezuela si è svolta una massiccia mobilitazione «contro l’imperialismo e le ingerenze». Maduro ha invitato tutti i settori a discutere se sia il caso di uscire dall’Osa, ormai completamente «snaturata». In una precedente sessione speciale, chiesta dal Venezuela, la combattiva ministra degli Esteri, Delcy Rodriguez ha smontato punto per punto le tesi di Almagro denunciandone la parzialità e la fuoriuscita dal ruolo istituzionale di Segretario dell’organismo, deputato a dirimere le contingenze e non a imporre la volontà di una parte sola.

IN TUTTA EVIDENZA, invece, l’uruguayano Almagro (eletto con il plauso delle sinistre latinoamericane perché proveniente dal Frente Amplio di Pepe Mujica, ma poi subito passato al campo avverso) ha dedicato gran parte del mandato ad attaccare il Venezuela: che sarebbe «in crisi umanitaria» e violerebbe «i diritti umani». All’Osa, Almagro ha organizzato una conferenza stampa insieme al partito più estremo dell’opposizione venezuelana, Voluntad Popular, foraggiato dai padrini di Washington: anticastristi, banchieri e petrolieri. Uno per tutti, il Segretario di Stato Usa, Rex Tillerson, ex Ceo della Exxon Mobil, la quale ha un contenzioso miliardario con Caracas per le espropriazioni decise da Chavez e che sta estraendo petrolio nelle acque dell’Esequibo, contese tra Venezuela e Guyana.

ALMAGRO si è ben guardato dall’assumere lo stesso atteggiamento a fronte dei massacri di giornalisti e difensori dei diritti umani in Messico, Colombia, Paraguay, o dopo i golpe istituzionali. E il dato più stridente è stata la denuncia del presidente peruviano Kuczynski, nelle cui carceri militari rimangono prigionieri politici di oltre 85 anni. La prima a congratularsi con Almagro, però, è stata Federica Mogherini, alta rappresentante Ue. La prossima settimana, il Venezuela è sotto attacco anche alla Ue, che vuole firmare il Tlc con il Mercosur.