Il presidente uscente dell’Europarlamento Martin Schulz non si candiderà a cancelliere per l’Spd alle elezioni federali di settembre 2017. La sfida a Sigmar Gabriel e Angela Merkel finisce, in tutti in sensi, in una conversazione privata «ascoltata» da Der Spiegel.

Il «discorso di Natale» pronunciato dall’«uomo di Bruxelles» di fronte alla platea degli intimi Spd. La sua rassicurazione che nel partito non c’è alcuna campagna elettorale alternativa all’«amico Sigmar»: verrà investito ufficialmente della candidatura a cancelliere il 10 gennaio 2017. È il via libera definitivo alla corsa del vice capo di governo, comunque distaccato di trenta punti percentuali da Merkel, scesa in pista già il 20 novembre.

Gabriel resta perdente nei sondaggi diretti con Mutti (come qualunque altro leader Spd) e al minimo storico di gradimento nel partito (74%). E Schulz rimane la carta da giocare ancora per troppi delegati interni. Non si ferma infatti l’esplorazione alla ricerca della nuova guida politica, anche se il «successore naturale» di Gabriel resta sempre e comunque Gabriel. A lui, secondo le regole Spd, spetta la primogenitura sulla candidatura Spd 2017, con o senza la mediazione delle primarie.

Da ieri Sigmar incassa l’appoggio del presidente che torna da Bruxelles per «occuparsi della politica della Bundesrepublik» ma senza intenzioni «ostili». Nel direttivo federale Spd fin dal 1999, in Europa da cinque anni prima, Schulz è legato a Gabriel da una relazione personale inossidabile al dibattito interno. A ciascuno il proprio posto: quello di Martin, con ogni probabilità, sarà la poltrona di ministro degli Esteri nel prossimo governo, liberata da Frank-Walter Steinmeier, candidato Spd a presidente della Repubblica. Ma non ci sono certezze: la notizia del ritiro dalla gara (senza aver mai annunciato la corsa) di Schulz non viene confermata né smentita dall’inner-circle del presidente del Parlamento europeo.

«Non ci esprimiamo sulle speculazioni apparse sulla stampa. L’Spd ha un calendario politico definito e ben concordato: Schulz si sta limitando a rispettare gli impegni presi dentro al partito», è il commento rilasciato dai fedelissimi al quotidiano berlinese Morgenpost.

La verità è che contro Merkel anche Schulz pesa troppo poco per lanciare la vera sfida. In un ipotetico scontro diretto le stime di dicembre fotografano il presidente europeo fermo al 36% dei consensi mentre la cancelliera Merkel viaggia a quota 43%. Agli atti resta l’impegno di Schulz alla «lotta per l’Europa» e la cooperazione tra Stati: «L’Ue è fondamentale», ricorda Martin, anche se ha misurato di persona il fallimento di Bruxelles su crisi, migranti, banche e terrorismo.

Ora lavora alla «soluzione tedesca» della Brexit da cui la Germania non intende uscire perdente. Leale e fiduciosa collaborazione «evitando il prevalere della componente emozionale, ma nessuna palude burocratica. Nel caso di decisioni unilaterali del Regno Unito potremmo revocare il consenso alla sua uscita», è la posizione di Schulz, perfettamente allineata alla linea del governo tedesco a partire da Merkel.

Libero dall’impegno di candidato e in attesa del posto da ministro degli Esteri, Martin lavorerà per aumentare i «provvedimenti concreti in tema di sicurezza approvati nell’Ue», Italia compresa. Segue la liberazione di Aleppo, al pari degli sviluppi esteri dell’attentato Isis a Berlino. Insomma, Schulz si è messo in ombra dietro a Gabriel, ma resta al sole della politica nazionale.