C’è chi spera in un ritorno in scena del gran capo nell’ultimo scorcio di campagna elettorale, anche se ci vorrebbe Superman. C’è chi invece auspica una sorta di «effetto Berlinguer» in versione soft, senza tragedie ma pur sempre con il richiamo alle urne degli elettori azzurri ormai disamorati a sostegno del leader. La stragrande maggioranza degli ufficiali forzisti non si fa illusioni e si rende conto del fatto che stavolta non sarà Berlusconi malato, come non lo sarebbe stato da sano, a trarre il partito azzurro fuori dalla palude in cui sta affondando.

«Fi va avanti e non temo scossoni per la malattia di Berlusconi. L’impegno per le elezioni è il modo migliore fargli sentire la nostra vicinanza», afferma Tajani ostentando una sicurezza che non ha. La minaccia, che quasi per tutti nelle file forziste rasenta la certezza, non è quella di un terremoto di qui al 20 settembre ma subito dopo. Si profila infatti una micidiale doppietta che renderebbe nerisissimo il settembre azzurro. Da un lato la malattia del fondatore e sovrano, quasi un simbolo dell’esaurimento, in realtà già avvenuto anche per limiti d’età, del ruolo politico che ha svolto per 25 anni o giù di lì. Dall’altro la certificazione del precipizio di Fi, accreditata nei sondaggi di un misero 6%, nel limbo dei partiti minori.

L’esodo a quel punto sarebbe forse inevitabile. I singoli parlamentari, ma forse anche qualche cordata più strutturata, che da mesi ormai hanno avviato dialoghi e trattative con l’una e con l’altra parte politica, e spesso con entrambe, si conterebbero a decine. Se salperanno davvero e per quali sponde dipenderà in buona parte dall’esito delle elezioni e in particolare dalla Toscana. Se il Pd terrà la propria roccaforte molti cercheranno di correre in aiuto dei governanti. Se la Toscana cadrà, portando il governo sull’orlo del precipizio, la Lega diventerà per quasi tutti interlocutore privilegiato se non unico.

Tutti sanno perfettamente che ci sarebbe lo spazio politico per un partito centrista di dimensioni non oceaniche ma con la possibilità di imporsi come ago della bilancia. Ma la realtà è che in quello spazio ci sono troppi leader disposti ad accogliere solo comprimari, troppi rancori e troppe invidie. Per tirare fuori dal calderone una forza politica ci vorrebbe un miracolo. Dunque, con ogni probabilità, le elezioni del 20 settembre, se daranno il responso previsto, daranno il segnale del «Si salvi chi può». Tanto più che le critiche per come sono state composte le liste sono già praticamente in ogni regione travolgenti.

Storia di domani. Al momento, trattandosi di Silvio Berlusconi, la parte del leone non può che farla il gossip. E’ aperta la caccia all’untore, con la figlia Barbara imbufalita per essere finita in testa alla lista dei sospetti. Con una certa dose di sciacallaggio sono arrivate anche le accuse, smentite dallo staff di Berlusconi, di aver organizzato una festa a Villa Certosa. L’importanza di individuare la fonte diretta del contagio resta inspiegata.