In fila al Caaf della Cgil di via Torino, a due passi dalla Stazione centrale di Napoli, ieri mattina c’erano solo una ventina di persone. Per mesi sono stati definiti fannulloni: «Il sazio non crede al digiuno», commenta Anna. È in coda per la pensione di cittadinanza, ha 73 anni e vive a via Marina: «Ho un assegno di 500 euro – racconta -, mi dura due giorni, il terzo non ho più un soldo in tasca. Come vivo? Mi aiuta la chiesa. Ho un figlio che si arrangia e tiene a sua volta 4 figli, se mi avanzano 10 centesimi sono io che li do a lui».

Mister spending review Carlo Cottarelli dice che la vita al Sud è meno cara così sarebbe giusto far arrivare meno risorse per il reddito di cittadinanza e l’integrazione ai pensionati rispetto al Nord: «Venisse lui a Napoli a campare con 600 euro e vediamo se non finisce in mezzo a una strada – ribatte Anna -. Le melanzane 4 euro al chilo, le alici sono diventate un lusso, possiamo mangiare solo pasta. Si può vivere mangiando solo pasta?».

STEFANIA HA 48 ANNI e 5 figli, il più piccolo ha 3 anni, è della zona di Porta Capuana: «Sono in fila per il reddito di cittadinanza, spero che mi trovino un lavoro stabile, che mi faccia sentire sicura. Quello che mi offrono accetto, perché tanto il secondo a 250 chilometri non sarà meglio». Lei e il marito hanno la terza media, il primo figlio a 15 anni, per tutta la vita hanno fatto lavori in nero: «Uno dei miei figli sta negli Usa, a Miami, lavora in un ristorante. Gli altri a casa con me. La mattina vanno dai grossisti cinesi, fanno rifornimento e vanno a vendere come ambulanti. È illegale? Si arrangiano. Sono tutti diplomati ma un lavoro regolare lo stesso non lo trovano». Viraj è con la mamma, vengono dallo Sri Lanka: «I miei genitori sono arrivati a Napoli 25 anni fa, io li ho raggiunti 16 anni fa. Viviamo alla Sanità, sono iscritto a ingegneria informatica. Stiamo in fila per il modello Isee, mamma vuole fare domanda per il reddito di cittadinanza. La mia famiglia vive alle Fontanelle dal 2000, il nostro affitto è basso, ma chi prende casa adesso paga anche 300, 400 euro al mese. Credo che il Rdc possa dare una mano».

NON HANNO LA FACCIA di quelli che si sono svegliati col proposito di fregare lo stato: «Abbiamo già avuto altre misure simili come il Sostegno per l’inclusione attiva – spiega Raffaele Famiglietti, responsabile servizi fiscali Cgil -, i fondi non si riusciva a erogarli per le maglie troppo strette così sono stati spostati nel Rei. Ogni volta si accusano i poveri di voler imbrogliare, si mettono i paletti e poi si è costretti ad allentarli perché altrimenti i soldi non arrivano a chi ha diritto ad averli. Lo stesso sta succedendo con il Rdc. Salvo poi essere bacchettati dall’Ue perché attuiamo politiche discriminatorie, ad esempio chiedendo ai migranti certificati che i catasti dei loro paesi non emettono, quando per gli italiani basta l’autocertificazione». Ma con il reddito di cittadinanza i disoccupati di Napoli troveranno lavoro? «Gli unici impieghi che vedo disponibili sono per colf, badanti e in agricoltura. Sono 8 euro l’ora», conclude Famiglietti.

SI STIMA CHE IN CAMPANIA le famiglie che potrebbero accedere all’Rdc siano 391mila (229.900 a Napoli) per un contributo complessivo di circa 3,1 miliardi. Si tratta della regione dove la povertà è aumentata dal 19,5% del 2016 al 24,4% del 2017. Dove c’è povertà c’è anche un alto tasso di abbandono scolastico: in Campania tocca il 19,1%, con il picco del 22,1% nel napoletano. «I neo laureati e chi ha perso il lavoro da meno di due anni saranno ricollocati attraverso i centri per l’impiego. Gli over 60 e i disabili saranno accompagnati verso la pensione sociale. Il problema è la fascia di mezzo» spiega Giovanni Pagano che, insieme ad altri attivisti, ha aperto uno sportello di raccolta domande con l’Usb nello spazio occupato Zero81, ai Banchi nuovi. «Il sostegno al reddito è necessario ma va accompagnato da investimenti – prosegue -. La maggior parte di chi viene da noi è precario a 120, 150 euro a settimana, con una bassa scolarizzazione. Poi c’è chi ha perso il lavoro e passa dalla trafila di corsi e porgetti regionali senza mai stabilizzarsi. Il Rdc finirà per spostare manodopera dal Sud al Nord. Ci vogliono investimenti negli enti pubblici, ormai svuotati dal blocco del turn over, nella cura del territorio e nella crescita del Mezzogiorno».

A MATERDEI c’è l’Ex opg Je so’ Pazzo: «Avevamo già lo sportello legale e la Camera del lavoro così abbiamo deciso di dare una mano a chi vuole accedere al Rdc – spiega Arturo -. Molti di quelli che vengono da noi hanno dei contratti all’apparenza legali, in realtà compensi e regole sono solo sulla carta. Bisognerà valutare che impatto avrà questa misura su un mercato del lavoro selvaggio, dove la competitività si gioca solo sulla compressione dei diritti. Il problema è che con il Rdc al centro non c’è la persona, titolare di diritti, ma ancora una volta l’impresa, che poteva già usufruire di molte misure come il tirocinio, gli sgravi fiscali, i condoni. Non è una ridistribuzione della ricchezza ma un modo per far accettare la flessibilità senza porre il tema delle condizioni di vita di chi lavora».