La rivolta dei pastori fa cadere la prima testa. E’ quella del presidente del Consorzio di tutela del pecorino romano, Salvatore Palitta. La richiesta di dimissioni «volontarie e irrevocabili» di tutti i membri dei consigli di amministrazione dei Consorzi di tutela del pecorino romano, del pecorino sardo e del Fioresardo era stata inserita nella controproposta dei pastori annunciata ieri mattina in un’assemblea a Tramatza (in provincia di Oristano) alla quale hanno partecipato circa 1200 allevatori arrivati da tutta l’isola.

Circa un’ora dopo l’approvazione della proposta dell’assemblea, Palitta si è dimesso, accusando su Facebook: «Dopo aver creato il mostro, individuato la fragilità di una filiera frammentata, la debolezza contrattuale del pastore, la debolezza contrattuale dei trasformatori nel mercato, chi è il vero dominus che nessuno ha il coraggio di pronunciare? La grande distribuzione organizzata, con il suo strapotere contrattuale, con le aste al ribasso». Insomma, ai pastori che lo accusano di non aver vigilato sul meccanismo che dalla produzione di latte arriva a quella dei formaggi per chiudersi nei supermarket, Palitta risponde dando tutta la colpa all’ultimo anello della filiera, la grande distribuzione.

Non dice niente, il presidente dimissionario, sulle esorbitanti eccedenze nella produzione del pecorino, una sovraproduzione che ha portato al crollo del prezzo del formaggio e quindi al crollo del valore commerciale del latte. «Palitta – dicono i pastori – non ha impedito, come invece era suo dovere, che caseifici e cooperative di trasformazione superassero le quote assegnate, gettando sul mercato quantità di pecorino oltre ogni limite di ragionevolezza».

La scossa tellurica del gesto di Palitta è arrivata sino a Roma, al ministero dell’agricoltura: «Aspettiamo di conoscere le motivazioni delle dimissioni – ha commentato il titolare del dicastero Gian Marco Centinaio – Noi andiamo avanti con il nostro piano di nominare un prefetto che controlli quanto è accaduto in tutta la filiera. E andremo a vedere anche il lavoro del consorzio. Intanto lavoriamo per chiudere un buon accordo con gli allevatori».

E proprio nella trattativa ieri si è inserita una novità importante: incassate le dimissioni di Palitta, nell’assemblea di ieri a Tramatza i pastori hanno approvato per alzata di mano una bozza di accordo sul prezzo del latte alternativa rispetto a quella uscita dal vertice di sabato scorso a Cagliari con il ministro dell’agricoltura e il presidente della giunta regionale Francesco Pigliaru. I punti salienti prevedono da subito 80 centesimi al litro, contro i 72 proposti dal tavolo di sabato, e una griglia con garanzie stringenti per arrivare a un euro a fine anno.

«Non ci stiamo abbassando i pantaloni: abbiamo iniziato la trattativa parlando di un euro al litro e all’euro dobbiamo arrivare a fine anno»: così dal palco dell’assemblea dalla quale è uscita la controproposta di accordo, elaborata insieme con un gruppo di tecnici. «Il prezzo del pecorino romano – hanno detto i pastori – è salito in pochi giorni di 1,50 euro. Anche la grande distribuzione ci può dare una mano, già sono arrivati molti segnali positivi». La discussione non è stata semplice. C’era una parte dell’assemblea che voleva il prezzo del latte a un euro subito. Alla fine, però, la bozza di intesa è stata approvata all’unanimità, per alzata di mano. Ora la palla passa a Centinaio, che per domani ha convocato a Roma un nuovo vertice.

Dalla Coldiretti arriva l’ennesimo appello ai caseari: «Ora che si è dimesso il presidente del Consorzio di tutela del pecorino, i proprietari dei caseifici colgano la nuova offerta dei pastori per garantire un prezzo del latte iniziale adeguato ai costi di produzione, con una clausola che assicuri di raggiungere l’obiettivo di un euro in tempi certi. Serve un atto di responsabilità degli industriali che sono i diretti beneficiari delle consistenti misure di sostegno per 49 milioni messe in campo da governo e Regione Sardegna; senza contare la disponibilità della grande distribuzione a riconoscere agli industriali un valore all’acquisto del pecorino in grado di assicurare agli allevatori il prezzo di un euro».