Colpire obiettivi militari sul territorio russo «è completamente legittimo», ha detto da Londra il viceministro della Difesa britannico James Heappey dopo una serie significativa di eventi che rischia di spingere il conflitto in Ucraina oltre i confini del paese.

A BRYANSK, IN RUSSIA, a cinquanta chilometri dal fronte dei combattimenti, una improvvisa esplosione ha distrutto domenica un deposito per lo stoccaggio del carburante. E sempre a partire da domenica tre diversi attacchi di minore intensità si sono verificati in Transnistria, una regione separatista della Moldavia. Prima è stato colpito l’edificio che ospita il ministero dell’Intero nella capitale, Tiraspol. Poi una base militare nel villaggio di Parkany e una torre radio a Mayak.

«Le tracce portano in Ucraina, vogliono trascinarci in guerra», ha detto il presidente, Vadim Krasnoselskij, 52 anni, da otto alla guida di questa Repubblica che nessuno riconosce. Krasnoselskij ha anche stabilito due settimane di misure speciali: stop alle lezioni nelle scuole, alle manifestazioni pubbliche, agli spostamenti nelle ore notturne, e persino alla parata del 9 maggio con cui la Transnistria celebra il suo legame con l’Unione sovietica e con la Russia di Vladimir Putin. Per il resto il paese è uno degli ultimi misteri rimasti sulle carte d’Europa. Qualche elemento per ricostruirne l’identità si trova al Museo nazionale, due stanze nel centro di Tiraspol custodite da due anziane signore.

LA CITTÀ LA PRESE Grigorij Kotovskij per conto dei Bolscevichi nel 1918. La sua scrivania, la sua poltrona e alcuni dei suoi oggetti personali occupano buona parte di una delle stanze, praticamente metà del museo. Di lui dicono: quello è il nostro paladino, un po’ eroe e un po’ bandito. Kotovskij ebbe un ruolo cruciale nella conquista di Odessa e nella campagna in Ucraina. Fu ucciso nel ’25 da uno dei suoi vice, un tale di nome Meyer Zayder, forse per gelosia, forse per ambizione. Zayder, a sua volta, lo fecero fuori tre commilitoni di Kotovskij poco più tardi alla stazione ferroviaria di Kharkiv. Volevano inscenare un suicidio, ma il treno era in ritardo e così lo strangolarono. Sia come sia, la Transnistria già nel ‘24 faceva parte della Repubblica sovietica moldava. Vennero poi l’occupazione nazista, la controffensiva sovietica, quarant’anni abbondanti di esistenza da provincia socialista e infine la guerra con cui la regione si è proclamata indipendente.

«PER LE NOSTRE MADRI e per i nostri figli», dice uno stendardo di quegli anni conservato nel museo. La guerra fu breve. Combatterono per quattro mesi lungo il fiume Dnestr nella primavera del 1994. Moldavi contro moldavi, cosacchi, volontari russi e ucraini, fanatici di quello che da lì a poco sarebbe diventato il movimento nazional-bolscevico, a partire dal suo storico leader, lo scrittore Edvard Limonov, che ne ha parlato nel «Libro dell’Acqua».

Insomma, una piccola anticipazione di quel che sarebbe accaduto nel Donbass, oppure in Abkhazia, in Ossezia del sud o in Nagorno Karabakh. Oggi la Transnistria occupa una striscia di pianura larga una ventina di chilometri e lunga meno di duecento fra la Moldavia e l’Ucraina. Case basse, strade in ordine, trattori al lavoro nei campi. A prima vista sembra che su questa sponda del Dnestr si sia ritirata la vecchia aristocrazia sovietica, tenuta in vita non più dal partito, ma da una società di nome Sheriff che possiede o gestisce praticamente ogni cosa. Fatta eccezione per le forze armate. A Tiraspol, Bender e Kamenka l’Armata rossa aveva lasciato tre piccoli aeroporti militari. Sono passati ai «peacekeeper» russi di stanza nel paese. Lo stesso vale per il deposito di armi a Kolbasna, in cui si trovano ventimila tonnellate di munizioni. Da Mosca il ministero della Difesa ha destinato altri mille uomini di un gruppo operativo speciale per sorvegliarlo. In totale i soldati russi sono, quindi, almeno 1.400.

NEL 2015, ALL’INDOMANI della rivolta contro l’ex presidente Viktor Yakunovich, il Parlamento ucraino ha cancellato i cinque trattati di cooperazione che permettevano il transito del personale e dei rifornimenti russi alle loro truppe. Ora la Repubblica di carta è sul punto di entrare in guerra.

Il che aprirebbe ai russi la possibilità di sfruttare pienamente un nuovo fronte nella loro offensiva contro il sudovest dell’Ucraina. «Le notizie in arrivo da Tiraspol sono preoccupanti», ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov. Per il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, esiste il «reale pericolo» della Terza guerra mondiale.