Oggi si svolgono in Algeria le elezioni legislative anticipate per eleggere i 407 deputati dell’Assemblea nazionale del Popolo, un tentativo da parte del governo e del presidente Abdelmajid Tebboune di «restituire tutta la loro legittimità alle istituzioni del paese, dopo la caduta di Abdelaziz Bouteflika nel 2019».

Proprio in questi ultimi giorni il presidente Tebboune ha dichiarato di averle volute con l’obiettivo di promuovere la «ricostruzione della Repubblica grazie alla spinta del movimento Hirak e con il coinvolgimento della società civile e dei giovani».

Affermazioni che, al contrario, stonano con la realtà di quello che sta avvenendo nel paese. L’Algeria vive da due anni una crisi di legittimità delle istituzioni dopo la forzatura delle elezioni presidenziali nel 2019 e quelle del referendum costituzionale con un’affluenza del 20% per entrambe gli appuntamenti elettorali.

«Le autorità algerine, attraverso l’organizzazione delle legislative, cercano di acquisire una legittimità tentando di dare l’impressione di un cambiamento attraverso il rinnovamento della classe politica nel parlamento algerino», ha affermato sul canale France24 Brahim Oumansour, ricercatore all’Istituto di relazioni internazionali e strategico (Iris) e specialista del Maghreb.

Parallelamente al tentativo di normalizzazione delle istituzioni le autorità tentano di reprimere qualsiasi manifestazione di dissenso: più di 2mila persone sono state arrestate in queste ultime settimane e le marce di protesta dell’Hirak sono state vietate. Un ultimo grave segnale del clima di repressione sono gli arresti di ieri di Karim Tabbou, uno dei leader dell’Hirak, e di due giornalisti: Khaled Drareni e Ihsan el-Kadi, direttore di Radio M, tutti e tre per l’ennesima volta in detenzione per «attentato all’integrità nazionale».

Secondo il Comitato nazionale per la liberazione dei detenuti (Cnld) ci sono attualmente 220 persone in detenzione per le loro opinioni o perché hanno partecipato alle proteste – un record assoluto – e il possibile scioglimento di un’associazione (Raj) e di due partiti politici vicini all’Hirak: il Partito socialista dei Lavoratori (Pst) e l’Unione per il cambiamento e il progresso (Upc).

Alla campagna elettorale – conclusa mercoledì – con una scarsa partecipazione si è contrapposta la forte mobilitazione sui social dell’Hirak e delle opposizioni politiche, laiche e progressiste, per il boicottaggio di queste legislative considerate «una mascherata».

Sono circa 1.500 le liste indipendenti approvate dall’Autorità nazionale indipendente per le elezioni (Anie) con candidati legati ai partiti pro-potere all’epoca di Bouteflika come il Fronte di Liberazione nazionale (Fnl) e il Raggruppamento nazionale democratico (Rnd) e alcune figure indipendenti.

La nascita di nuove formazioni come Nida El Watan, El Masar El Jadid e El Hisn El Matine è utile, secondo le opposizioni, al regime «per formare una compagine disgregata all’interno del parlamento algerino, al fine di favorire il controllo da parte del presidente».

Altro interrogativo è legato alle formazioni islamiste che si presentano con una coalizione che va dal Fronte per la giustizia e lo sviluppo (Fjd) di Abdallah Djaballah al Movimento per la Società e la Pace (Msp) di Abderazzak Makri, vicino ai Fratelli musulmani. Un tentativo da parte dei partiti islamisti di approfittare del boicottaggio delle formazioni politiche progressiste e del netto calo di consensi nei confronti dei partiti filo-governativi per poter finalmente «governare e imporsi», dopo essere stati ai margini sia della vita politica del paese che delle proteste dell’Hirak.

E mentre gli algerini sono preoccupati per le difficoltà sociali ed economiche, dopo un anno di pandemia e il calo delle entrate petrolifere, queste elezioni potrebbero avere un tasso di partecipazione molto basso, unico dato quasi certo.

«Questa politica repressiva contribuisce ad aggravare la crisi di fiducia e tutti sono contro queste elezioni non per principio contro delle votazioni, poiché la loro principale richiesta è quella di uno Stato di diritto democratico, ma perché queste elezioni non sono libere», ha dichiarato la segretaria del Partito dei Lavoratori, Louisa Hanoune.