La violenza è la cifra di quest’epoca. Mentre il 2017 si chiude, è d’obbligo riflettere sulle fonti di quest’esplosione, e sul che fare per bloccarla, riguadagnando la serenità e la stabilità della vita quotidiana, in tutto il mondo.
La violenza è generalmente considerata una caratteristica intrinseca a particolari culture. In materia, l’analisi dominante si basa sulla frammentazione e sul riduzionismo, separa le azioni dalle loro conseguenze. Non attribuisce alcuna responsabilità alla violenza strutturale perpetrata sulle società attraverso le guerre e un’economia globalizzata che ha tutti gli ingredienti di un conflitto vero e proprio.
Ma la violenza non fa parte dell’essenza del genere umano, o di una determinata cultura. Come la pace, è coltivata. I suoi semi, sono seminati. Noi esseri umani, al di là delle reciproche culture, della reciproca storia, possiamo essere violenti oppure pacifici.

L’epidemia di questi tempi è alimentata dalla violenza strutturale della guerra, dell’espropriazione, dello sradicamento e dell’esclusione. Le persone sono derubate del senso, della dignità, il rispetto di sé, la sicurezza che nutrono le radici delle diverse culture. Si produce così un vuoto interno che viene riempito con identità costruite, di tipo fondamentalista. Invece delle identità che crescono positivamente in modo olistico a partire dal senso di appartenenza e dalla cultura, si costruiscono identità negative, definite solo come negazione dell’altro.

Il diffondersi delle guerre e l’affermarsi di una globalizzazione nefasta dal punto di vista ecologico e sociale stanno sradicando i popoli. Lo sviluppo finale di questa logica basata sulle identità negative è lo sterminio dell’altro. Attori potenti scatenano guerre spossessando i popoli e violentandoli, senza assumersene alcuna responsabilità. Il numero di rifugiati e sfollati nel mondo a causa di conflitti e persecuzioni ha raggiunto un picco: 65,5 milioni di persone, alla fine del 2016.

Fra chi non ha potuto lasciare i propri luoghi, tanti sono diventati rifugiati culturali ed economici, privati della sicurezza e della stabilità. Ed esseri umani brutalizzati diffondono brutalità.
Sbagliava Samuel Huntington, famoso per il suo «Scontro di civiltà», quando sosteneva che possiamo sapere chi siamo solo quando sappiamo chi odiamo. In India l’esercizio del respiro consapevole, il pranayama. invoca so hum, tu sei dunque io sono. Spargiamo semi di pace ogni volta che ricordiamo e celebriamo la nostra dipendenza dagli altri. L’apertura all’alterità dell’altro crea le condizioni per la compassione, la pace e il benessere di tutti.