Più di 8 milioni di tunisini oggi andranno a votare per eleggere circa 7mila consiglieri in 350 comuni. Rinviate per 4 volte, le elezioni municipali rappresentano una delle conquiste della «rivoluzione dei gelsomini» perché concederanno, per la prima volta, in base alla Costituzione del 2014, l’autonomia decisionale che le amministrazioni locali invocano per provare a ridurre il divario economico e sociale tra le diverse aree del paese.

In vista delle elezioni presidenziali e parlamentari del 2019, il voto municipale è anche un test sul reale consenso di cui godono le due principali formazioni politiche, il partito liberale e laico Nidaa Tounes del presidente Beji Caid Essebsi e la formazione islamista Ennahdha guidata da Rachid Ghannouchi. Alleati nel Governo di unità nazionale, i due partiti si presentano oggi da avversari dopo le violente proteste popolari per le misure di austerità decise dal governo di Youssef Chahed a gennaio.

Le liste del partito islamista, con figure carismatiche,sono pronte da oltre un anno. Ghannouchi sa che una vittoria potrebbe sdoganare definitivamente un partito che i suoi detrattori, interni ed esterni, accusano di deriva autoritaria. Nidaa Tounes, al contrario, arriva alle elezioni svuotato dall’abbandono dei suoi principali esponenti e privo della credibilità che nel 2014 aveva fatto eleggere presidente il suo fondatore Beji Caid Essebsi.

Due sono le variabili fondamentali di queste municipali. La prima è la presenza delle numerose liste indipendenti, legate ai movimenti e alle associazioni nate in questi anni, soprattutto per quanto riguarderà il loro orientamento politico nei consigli comunali. Sorprese potrebbero arrivare dal sud, dove il partito Al Irada, fondato dall’ex presidente Moncef Marzouki, sostiene numerose liste civiche, mentre al nord il Fronte popolare (sinistra) è molto attivo e potrebbe ottenere buoni risultati.

La seconda incognita, forse ancora più decisiva, sarà l’astensione al voto come protesta contro la corruzione dei partiti. Il clima nel paese rimane, infatti, sempre teso a causa dell’alta disoccupazione giovanile, delle recenti misure di austerità contro la crisi o della scarsa crescita del paese e potrebbe incidere sulla reale partecipazione al voto.

Una forte astensione, però, potrebbe favorire, paradossalmente, Ennahdha e Nidaa Tounes a discapito di quel cambiamento richiesto dal popolo tunisino, soprattutto in termini di lavoro e ripresa economica.