Il governo ha presentato al parlamento uno schema di decreto per ripartire 46 miliardi di euro da investire nei prossimi 15 anni. Di questo tesoretto, la Difesa avrà a disposizione 10 miliardi, e intende destinarne più della metà ai sistemi d’arma, un quarto per una nuova sede nell’aeroporto di Centocelle, a Roma, meno del 10 per cento per mettere in sicurezza le caserme dal rischio sismico e circa il 5 per cento per le bonifiche.

Dunque al risanamento ambientale e alle bonifiche sono destinati solo pochi spiccioli.

Eppure tutto ciò accade mentre la Difesa deve rispondere, anche di fronte alla magistratura italiana, delle conseguenze di decenni di esercitazioni svolte in diversi poligoni con rilevanti danni alle persone e all’ambiente.

In sostanza, dopo averlo bombardato per un trentennio con armi di tutti i tipi, la Difesa ha abbandonato a se stesso un pezzo di Sardegna, definendolo semplicemente non più recuperabile.

Nel contempo, molti militari continuano a essere esposti al rischio amianto, tuttora non totalmente eliminato da alcune tipologie di mezzi militari e di infrastrutture.

Credo che la Difesa abbia il dovere morale di dare assoluta priorità alla tutela della salute e dell’ambiente, in ossequio al principio secondo cui «chi inquina paga». C’è bisogno di rivedere i conti e avviare un serio piano di bonifiche. In sede di discussione del provvedimento, assumeremo un’iniziativa per porre delle condizioni al governo.

Le ultime scelte della Difesa sono ancora più gravi se si considera che, da quando è stata approvata la legge delega 404 del 2012, è emerso che il suo bilancio consolidato è strutturalmente squilibrato rispetto agli altri paesi occidentali.

Il ministero aveva preso l’impegno di riequilibrarlo, riducendo i costi del personale, aumentando le spese per l’esercizio e mettendo sotto controllo gli investimenti per i sistemi d’arma.

Questa ripartizione dei fondi aggiuntivi, invece, aumenta lo squilibrio.

Per andare nella direzione giusta è necessario anche un deciso passo in avanti nel processo della difesa europea, intesa come sinergia industriale e messa in comune dei sistemi d’arma.

Questo non solo è possibile, ma deve diventare un obiettivo dell’Unione europea. La difesa europea, infatti, ha senso solo se riesce ad aumentare la sicurezza del nostro continente riducendo le spese militari degli stati membri.

Solo così potrà camminare con il consenso dei cittadini.

*Deputato Pd, presidente della Commissione di inchiesta sull’uranio impoverito