Una nuova prospettiva, distante dai grandi centri urbani, sensibile al territorio, all’ascolto della comunità, alla partecipazione attraverso le reti, da cui ripartire per ricostruire fiducia verso l’«architettura come operazione di rilancio dei territori»: è quanto ci si spetta da Arcipelago Italia, visitabile dal 26 maggio negli spazi del Padiglione nazionale, alla Biennale. L’architetto Mario Cucinella l’ha presentato all’interno di Freespace, XVI edizione della Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia, curata dalle progettiste dublinesi Yvonne Farrell e Shelley McNamara.

Impegnato nel campo della sostenibilità energetica, in prima linea nella ricostruzione delle zone terremotate, il curatore ha scelto di spostare la lente dalle periferie ai piccoli centri, mettendo in mostra l’Italia delle aree interne, delle zone marginali e ferite dagli eventi.
Il racconto su queste realtà si dipana come un viaggio lungo la penisola scandito in cinque tappe: la Barbagia con la piana di Ottana ai fianchi del Gennargentu in Sardegna, la città di Matera e l’entroterra della Basilicata, il Belice e Gibellina, Camerino e le aree dell’Italia centrale colpite dall’ultimo sisma, l’Appennino tosco-emiliano con un focus sul Parco delle foreste casentinesi. Il contesto espositivo racchiude una volontà operativa, almeno negli intenti, che si prefigge di sviluppare cinque progetti strategici per il rilancio delle aree interne: un contributo alla «sfida dell’architettura come pensiero applicato», nella consapevolezza di una visione dell’«urbanistica non come rilascio di permessi per privati, ma come disegno per il pubblico». Cucinella ha poi lanciato un appello a chi governa e gestisce il territorio, ricordando l’urgenza della questione terremoto e la necessità, ormai inconfutabile, di imparare a «ricostruire il costruito».

Il Padiglione propone una riflessione critica ma anche un progetto militante, che prevede la partecipazione di università e comunità locali. Una call aperta è stata lo strumento per raccogliere candidature di progetti d’architettura, collocati nell’entroterra, capaci di «generare spazi inaspettati, sensibili al luogo, alla storia e al futuro, e di instaurare rapporti virtuosi tra pubblico e privato». Abitare, Connettere, Condividere e Progredire, Hardware e Software delle aree interne sono i macro temi attraverso i quali leggere questa selezione (nessun nome dei progettisti scelti).

«Non ho nulla contro le archistar – ha affermato Cucinella – ma a noi interessa ripartire dalle persone, senza indugiare nel romanticismo del piccolo borgo, nella consapevolezza di appartenere a una fase importante della storia del nostro paese, che deve dare fiducia agli architetti e allo stesso tempo essere in grado di interpretare i cambiamenti e le stratificazioni culturali che negli anni hanno coinvolto le aree interne».