Immersi nei Big Data, con tutti i rischi che la tendenza al monopolio di giganti come Facebook, Google e Apple comporta. Gli italiani guardano sempre più «televisione liquida»: 3 milioni nel 2017 hanno seguito abitualmente la tv in streaming e 9-12 milioni hanno scaricato contenuti sui propri device. Anche se la «vecchia» tv resiste, sia in termini di ascolti sia di risorse. È la fotografia scattata dal presidente dell’Autorità per le garanzie delle comunicazioni, Angelo Marcello Cardani, nella Relazione annuale al Parlamento.
Cardani ha delineato potenzialità e ombre di un comparto che lo scorso anno ha raggiunto quota 54,2 miliardi di euro, in crescita dell’1,2%, ma ha due facce: da una parte le comunicazioni, che valgono 32,2 miliardi (+0.9%), dall’altra i media, che calano dello 0,9% a quota 14,6 miliardi. E l’editoria è in crisi drammatica: 3,6 miliardi di ricavi nel 2017, -5,2%, per un settore che «nell’ultimo decennio ha perso all’incirca metà del suo peso economico».
Un problema che investe «governo e Parlamento» e richiede «una riflessione di ampio respiro». Ma c’è un altro aspetto dell’ecosistema digitale che merita spazio nell’agenda politica, a giudizio di Cardani: l’uso dei Big Data, l’impiego massiccio di algoritmi che trasformano in dati «le relazioni sociali» (Facebook), «i rapporti di lavoro» (Linkedin), «le opinioni e gli orientamenti» (Twitter), «le propensioni al consumo, i gusti e le capacità di spesa» (Amazon) e «ragionevolmente, tutto questo insieme» (Google). Uno scenario allarmante – delineato in modo netto nella Relazione, anche se Cardani salta questi passaggi nel discorso, «per motivi di tempo» spiegano dall’Agcom – tanto più se si considera che «sono sei le App installate da più di un miliardo di utenti nel mondo e tre imprese detengono otto delle dieci app più scaricate: Facebook, Google e Apple». Le soluzioni corrono lungo tre direttrici: disciplina dei mercati, anche attraverso norme «ex ante»; neutralità e trasparenza degli algoritmi; proprietà dei dati. Cardani chiama in causa ancora il legislatore sul fronte della par condicio, che «è datata» e va attualizzata. Ma invita anche a un’informazione più pluralista e «più vocata al contraddittorio».
Il tutto mentre sta per arrivare una nuova rivoluzione tecnologica: il 5g. l’era della telefonia mobile di quinta generazione. È infatti stato approvato il bando di gara del 5G, con il relativo disciplinare, e i testi saranno disponibili sul sito del Mise dopo che saranno pubblicati in Gazzetta Ufficiale. Ad annunciarlo è stato lo stesso Ministro Luigi Di Maio, riconoscendo che la procedura di gara nasce dalle disposizioni della legge di Bilancio 2018, che prevedeva «importanti misure economiche per favorire la transizione alla nuova tecnologia 5G». Dall’asta lo Stato stima un incasso di 2,5 miliardi di euro, di cui la metà già da quest’anno. La gara dovrebbe concludersi a settembre. A fine maggio l’AgCom aveva messo a punto le regole, che non avevano il favore di tutti.