Nella periferia nord di Livorno, nascosto da un parcheggio di Tir e dal principale cimitero cittadino, un campo di calcio ha offerto un’occasione unica di riscatto umano e sociale per un gruppo di ragazzi esuli dall’Africa. La squadra che almeno due volte a settimana vi si allena si chiama Africa Academy Calcio, ed è nata due anni fa a Livorno, proprio per regalare momenti di svago e favorire una maggiore integrazione ai ragazzi ospitati nei centri d’accoglienza presenti sul territorio. Ciò che li unisce e ne ha motivato la sua creazione, non è la provenienza geografica o il colore della pelle, ma quanto l’aver vissuto le stesse tragiche esperienze: il viaggio nel deserto del Sahara, i mesi passati nei campi di prigionia della Libia, la rischiosa traversata nel Canale di Sicilia, e infine l’attualità di vivere come profughi nell’Italia governata da Luigi Di Maio e Matteo Salvini.

L’idea di creare una squadra composta da richiedenti asilo è partita dal vivace cinquantenne Franco Marrucci presidente ed allenatore del club, già iscritto all’albo istruttori dell’A.C. Milan. “Proseguendo col percorso intrapreso con la Milan Academy avrei potuto scegliere di allenare una squadra di alta categoria” spiega “ma quando ho conosciuto questi ragazzi e ascoltato le loro storie, non sono riuscito a resistere, e mi sono adoperato per creare qualcosa di concreto per loro. Tutti avevano già una buona preparazione calcistica maturata nei propri paesi d’origine”. Franco non è una persona che ama stare con le mani in mano, oltre ad occuparsi a tempo piano della formazione sportiva dei suoi allievi impartisce anche lezioni di lingua presso il Centro Servizi Donne Immigrate. Nell’interazione con i suoi ragazzi, infatti, insiste molto sull’importanza della puntualità e sul corretto uso dell’italiano, fondamentale, spiega, per la ricerca di un impiego.

I giovani che indossano la maglia dell’Africa Academy, hanno tutti dai 23 sino ai 30 anni, professano religioni diverse e provengono soprattutto dall’Africa Occidentale. “Franco è riuscito ad unire in una sola squadra persone che generalmente sono divise a causa degli odi etnici”, confermano loro stessi.

Mohamed, senegalese, è uno dei giocatori “storici”, da quattro anni è in Italia, ma ogni estate passa dei lunghi periodi in Spagna per lavorare come bracciante, visto che qui non è mai riuscito a trovare un impiego analogo o più redditizio. Sainé invece di 22 anni, era un insegnante di arabo, è arrivato sino al College per ottenere l’abilitazione all’insegnamento, “qui, però” ride “nessuno ha bisogno di questa figura professionale”. “Sono contento di far parte di questa squadra” continua, “ma finché non troverò un lavoro, qualunque lavoro, non studierò e non giocherò mai realmente bene e con spensieratezza, perché continuamente ho il pensiero che devo aiutare la mia famiglia in Gambia”. Sulemayn con lo sguardo triste racconta che di fronte alla fatica quotidiana nell’imparare l’italiano e guadagnarsi da vivere, gli allenamenti costituiscono gli unici momenti felici: “Il sogno che ho sempre avuto, oltre a giocare a pallone, è quello di diventare un giornalista sportivo. In Sierra Leone allenavo i bambini piccoli in una scuola”.

Per Boubakar giocare nell’Africa Academy è una sorta di rivincita per le sofferenze che ha subito nel viaggio per arrivare in Italia. Ha visto il fratello morire davanti ai suoi occhi, è stato rapito, e poi massacrato di botte dalla polizia libica, per le sue condizioni critiche appena arrivato a Lampedusa è stato soccorso dalla Croce Rossa, permanendo in ospedale nove mesi. In porta generalmente sta Anthony, giocava già a calcio tra le baraccopoli di Lagos, ha lo status di protezione internazionale da rinnovare ogni sei mesi, che presto potrebbe perdere. Alla domanda se forse preferirebbe andare in un altro stato europeo risponde che “è italiano, e il suo posto è qui”.

Col Decreto Sicurezza voluto dal partito di governo della Lega Nord ed ormai approvato da entrambe le camere, i richiedenti asilo ospitati nei centri non “ordinari” o nei cosiddetti Sprar rischiano di ritrovarsi a breve in mezzo alla strada. Anche a Livorno, i centri dove sono ospitati i ragazzi della Africa Academy, hanno già ricevuto almeno quattro lettere per la revoca dei permessi umanitari e per l’espulsione di chi vi risiede. Come ripete più volte con rabbia Franco, “la politica del nuovo governo finirà per creare maggiore emarginazione e conflitto sociale, lasciando queste persone abbandonate a sé stesse o peggio nelle mani della criminalità organizzata”. Uno scenario che certo darebbe nuovo consenso alla propaganda di Matteo Salvini, costruita quasi esclusivamente sulla criminalizzazione dei migranti.

Per quanto comunque l’Africa Academy sia formata soprattutto da ragazzi di origine africana, il club è aperto a chiunque desideri farne parte. Uno degli obiettivi primari, è proprio quello di inserirsi nel tessuto cittadino, creando inclusione e sfatando i pregiudizi legati ai fenomeni migratori. Ciò è stato possibile attraverso la collaborazione con alcune scuole, come l’Istituto Tecnico, il quale si è reso disponibile fin dalla nascita del progetto per far giocare alcune partite tra l’Africa Academy e la squadra dell’istituto, composta anche da ragazze.

Il club è iscritto al Centro Sportivo Italiano, ma Franco si sta adoperando da tempo per ottenere il tesseramento ufficiale della Federazione Italiana Giuoco Calcio, almeno per quei giocatori che vengono prestati ad altre squadre di categoria. “Col Decreto Sicurezza i nostri ragazzi non potranno più fare sport, e questa esperienza potrebbe cessare di esistere da un giorno all’altro. Con un riconoscimento ufficiale da parte della FIGC invece potrebbero ricevere il domicilio nel campo dove si allenano” afferma Franco. Fino ad oggi l’Africa Academy è riuscita a sopravvivere autofinanziandosi tramite raccolte di fondi, ed un significativo contributo è arrivato persino da alcuni esercizi commerciali, i quali hanno regalato materiale, come scarpe, asciugamani e maglie. Le istituzioni rimangono però assenti, il comune ha offerto soltanto il proprio patrocinio. Per difendere la propria porta, Anthony, si è spesso ritrovato a richiedere in prestito dei guanti agli avversari, e manca ancora un pulmino per effettuare eventuali trasferte.

A Livorno, la città che dal XVI secolo ha potuto nascere e prosperare grazie all’afflusso di rifugiati provenienti da ogni luogo del Mediterraneo, una squadra come l’Africa Academy Calcio non è forse qualcosa di così anomalo. Uno spiraglio di luce di fronte all’imbarbarimento politico del paese, per quanto il suo futuro, proprio per tale ragione, sia incerto.