In attesa che il Qe di Draghi risollevi le banche europee dal loro torpore, l’Eurozona continua a sostare nella notte della deflazione. Il tasso annuo di inflazione a gennaio è atteso in flessione dello 0,6%, in calo rispetto al -0,2% di dicembre. È quanto ha indicato ieri la stima flash dell’Eurostat. Il calo è dovuto principalmente al calo dei prezzi dell’energia (-8,9% da -6,3% di dicembre), ancorati sotto i 50 dollari di un barile di petrolio; di cibo, alcol e tabacchi (-0,1% da 0%) e beni non energetici (-0,1% da 0%). I prezzi dei servizi dovrebbero calare all’1% dall’1,2% del mese precedente. Nel Vacchio continente che usa come moneta l’Euro una deflazione di queste proporzioni non la si vedeva dall’estate del 2009. Sono dati che confermano l’intervento tardivo della Bce che sta iniettando possenti dosi di droga monetaria nelle vene esauste dell’economia euro. Le previsioni dicono che l’inflazione quest’anno aumenterà di 0,4% e dello 0,3% nel 2016. E così gli austeri banchieri si augurano di risollevare la sorte dei consumi. Bloccati perché la gente risparmia e non spende. La conferma della stasi fatale che congela l’Europa è venuta dalla Germania, il faro dell’austerità che si accartoccia su se stessa. Merkelandia è in deflazione forte. Consumi calati dell’1,3%. Gennaio 2015 è il primo mese di calo dei prezzi dall’ottobre 2009, l’anno in cui si è svegliato il mostro della crisi dei sub-prime. Il numero dei disoccupati in Germania è al minimo storico dal 1990: 6,5%, 2,8 milioni. Ma di queste cifre occorre diffidare: a pesare è il volano dei lavori semi-schiavistici, i mini-jobs.