È un dramma senza fine le cui conseguenze, purtroppo, sono prevedibili. L’aggravarsi del conflitto siriano finirà infatti ancora una volta per ripercuotersi inevitabilmente sulla popolazione civile, aumentando il numero di famiglie in fuga dalla guerra. Uomini, donne e bambini costretti a lasciare le proprie case per sfuggire alle violenze delle truppe fedeli al presidente Bashar al-Assad o dei ribelli e cercare scampo oltre i confini del Paese. Già oggi la situazione dei profughi, solo una piccola parte dei quali approda lungo le nostre coste, è tragica. Più di 2 milioni e mezzo di siriani ha lasciato la Siria cercando rifugio e salvezza in Libano, Giordania, Turchia, Egitto e, fino a quando è stato possibile, Iraq, e di questi più di un milione sono bambini. Sei milioni e mezzo, invece, sono i siriani sfollati entro i confini nazionali.
Numeri che già prima del precipitare della crisi erano destinati ad aumentare. Le ultime cifre diffuse solo pochi giorni fa dall’Unhcr, l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati, stimano in 3,6 milioni il numero dei profughi siriani entro la fine del 2014. Un esodo che rischia di compromettere l’intera aerea, come ha sottolineato l’Alto commissario Antonio Gutierrez. «Siamo di fronte a una situazione di forte instabilità nella regione» ha lanciato l’allarme Gutierrez, che ha anche ricordato l’estendersi del conflitto in Iraq e i continui flussi di rifugiati nei Paesi vicini «alle prese con complesse situazioni umanitarie e problemi di sicurezza».
A destare preoccupazione, in particolare, è il Libano dove ormai i profughi siriani hanno superato il milione, metà dei quali bambini. Se si pensa che i rifugiati dalla Siria rappresentano ormai un quarto della popolazione libanese, è facile immaginare quali pesanti conseguenze tutto ciò ha sulla vita del Paese. «Il Libano è il Paese con la più alta concentrazione di rifugiati pro capite» ha proseguito Gutierrez, che non ha nascosto le preoccupazioni per una situazione dai possibili effetti «devastanti». E le cose non vanno certo meglio in Giordania. Qui, sempre secondo le stime fornite dall’Unhcr, i profughi siriani saranno circa 800 mila entro la fine dell’anno, con un aumento del 33% rispetto a oggi. Così tanti da mettere in difficoltà le casse del regno. Ad Amman servono oggi infatti 1,9 miliardi di euro per far fronte alle spese necessarie per offrire assistenza ai rifugiati.
E qui arriviamo a un altro punto dolente della dramma immigrati. Garantire a milioni di persone non solo cibo e acqua, ma anche coperte, tende, materassini, oggetti per l’igiene personale e pannolini per i bambini, solo per citare alcuni dei generi di prima necessità, costa e costa tanto. Per la precisione servono 3.6 miliardi di dollari, secondo la stima che si legge nel Piano di risposta regionale per il 2014 in Siria dell’Unhcr, cifra minima per intervenire nei campi profughi allestiti nei Paesi limitrofi e necessaria per «salvare vite umane, prevenire i danni, proteggere le persone vulnerabili e rafforzare al capacità di resistenza dei rifugiati e delle comunità ospitanti di fronte all’acuirsi della crisi».
La cifra stanziata per il 2014 dai Paesi donatori ammonta invece a 1,1 miliardi di dollari, soldi che hanno permesso comunque all’Unhcr di realizzare interventi importanti, ma che rappresenta appena il 30% del fabbisogno necessario ad assistere i quasi 4 milioni di profughi siriani previsti per la fine dell’anno.