Edifici pubblici danneggiati, case lesionate o addirittura inagibili, crolli, ordinanze per divieto dell’uso di acqua potabile e di ingresso alle chiese, cavalcavia che hanno ceduto e che sono stati chiusi. Ci sono anche cinque comuni d’Abruzzo nell’elenco – ancora provvisorio – dei territori per cui è stato dichiarato lo stato di emergenza, deliberato dal Consiglio dei ministri rispetto al terremoto che ha sbriciolato pezzi di Lazio, Umbria e Marche. Ma che ha sbatacchiato anche un lembo d’Abruzzo.

I centri che hanno registrato danni sono Montereale, Capitignano e Campotosto in provincia dell’Aquila e Valle Castellana e Rocca Santa Maria in provincia di Teramo. In questi paesi sarà valido il prossimo decreto del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, di differimento delle tasse per i residenti, dato che il sisma ha provocato danni strutturali gravi. La situazione peggiore è a Montereale dove ci sono stabili con cedimenti (nella frazione di Santa Lucia sono l’80 per cento; ad Arringo, Castiglione, Verrico, Colle Verrico e Santa Vittoria il 30 per cento) ed altri che si sono accasciati su se stessi. Qui sono state montate 3 tende da campo per complessivi 30 posti letto.

C’è poi il fatto che la Protezione civile, dopo le scosse di ieri mattina presto, ha dichiarato inagibile e quindi non percorribile, neanche per i mezzi di soccorso, perché spaccato, il ponte Tre Occhi che collega l’Aquilano, e cioè Montereale, ad Amatrice, nel Reatino. A Valle Castellana poi si contano 35 sfollati.

La nuova tragedia riaccende i timori anche sulla sicurezza del centro storico dell’Aquila, per la gran parte ancora «zona rossa». E dove fino a qualche giorno fa, a 7 anni dal sisma, ci sono stati cedimenti negli stabili imbracati da troppo tempo e non ancora ristrutturati.

A palazzo Centi, in piazza Santa Giusta, sede della Giunta regionale fino al 6 aprile 2009, e dove sono in ritardo l’avvio dei lavori di recupero, il 20 agosto, sono dovuti intervenire i vigili del fuoco con l’autoscala per scongiurare la caduta di un puntellamento di legno.

Perciò, secondo il prefetto dell’Aquila, Francesco Alecci, bisogna «dare corso quanto prima a interventi per la reale messa in sicurezza di vaste parti del centro storico che oggi presentano un tasso di pericolosità eccessivo». Questione non legata all’ultimo disastro italiano, quello del 24 agosto. «Le rilevazioni degli uffici tecnici del Comune dell’Aquila – ha sottolineato nelle scorse ore il prefetto – portano la data di luglio, quando ancora il problema di Amatrice non c’era».

E hanno evidenziato la mancata manutenzione e il rischio incombente su ampie parti del cuore sconquassato dell’Aquila «perché ci sono cantieri impegnativi e che creano disagi e difficoltà per la sicurezza pubblica e perché ci sono appunto puntellamenti diventati fonte di rischio». Così si creano le premesse perché un evento come quello di questi giorni, oppure le scosse continue di assestamento percepite a L’Aquila, «anche di riflesso possano causare un crollo e chiunque ci si trovasse sotto ne subirebbe le conseguenze».

«Sappiamo che certe opere sono definite da leggi che regolano i lavori in funzione della loro provvisorietà – ha aggiunto il prefetto -. Diversamente da ogni altra struttura, il cosiddetto puntellamento può non avere un certificato di regolare installazione, ci si può basare su dichiarazioni rese dalla ditta che lo ha montato. Questo proprio perché, per definizione, deve durare al massimo 24 mesi, dopodiché lo si deve togliere. In due anni l’intervento di riparazione all’immobile che si vuole salvaguardare dovrebbe essere iniziato, realizzato e concluso. Purtroppo a L’Aquila abbiamo visto passare ben oltre 2 anni…».