«Il ginepraio» del Myanmar, come è stato definito dall’intelligence malese, potrebbe provocare azioni terroristiche da parte dell’Isis nel Sud est asiatico.

Come ha riportato la Reuters, le autorità malesi hanno arrestato di recente una persona sospettata di essere affiliata all’Isis. Secondo il capo della polizia malese della divisione antiterrorismo, Ayob Khan Mydin Pitchay, il sospettato stava pianificando un attentato proprio nel Myanmar. Il sospetto, un uomo indonesiano, è stato arrestato in Malesia il mese scorso. Accusato di essere in possesso di materiali legati a gruppi terroristici, rischia una condanna fino a sette anni di carcere.

Altri militanti – secondo le fonti malesiane – sarebbe pronti a effettuare attentati contro il governo birmano proprio a causa della persecuzione nei confronti della minoranza Rohingya.

Secondo la polizia malese «si stanno progettando attentati in Myanmar, per combattere contro il governo locale in difesa dei Rohingya». Residenti e gruppi per i diritti hanno accusato le forze di sicurezza in Myanmar – paese prevalentemente buddista – di esecuzioni sommarie e stupri in risposta agli attacchi contro posti di polizia effettuati il 9 ottobre; attacchi durante i quali sarebbero stati uccisi nove agenti. Il governo di Aung San Suu Kyi ha negato le accuse di abusi.

Secondo un rapporto pubblicato nel dicembre 2016 dal thinktank International Crisis Group (ICG) gli attacchi coordinati contro la polizia di Myanmar in Rakhine sono stati effettuati da un gruppo chiamato Harakah al-Yakin. Il gruppo avrebbe legami diretti con l’Arabia Saudita e il Pakistan, ma sarebbe sbagliato «sovrastimare il significato dei legami internazionali», secondo l’Icg, «Tuttavia, più la violenza contro i Rohingya continua, maggiori sono i rischi che tali collegamenti consentano a questi gruppi di diventare davvero operativi». (red. est.)