La drammaticità del Sesto rapporto di valutazione dell’Ipcc, l’Intergovernmental Panel On Climate Change dell’Onu, sta tutta nella perentorietà delle sue affermazioni: «È inequivocabile che l’influenza umana ha riscaldato l’atmosfera, l’oceano e la terra, provocando cambiamenti diffusi e rapidi nell’atmosfera, nell’oceano, nella criosfera e nella biosfera», e che «l’aumento delle temperature superficiali dovute al cambiamento climatico non ha precedenti, per rapidità e diffusione, da migliaia di anni. Stiamo assistendo a modificazioni irreversibili per secoli come lo scioglimento dei ghiacciai, l’aumento del livello dei mari, l’acidificazione degli oceani».

L’APPELLO dell’Ipcc ai governi del mondo è quello di attuare azioni concrete per l’azzeramento delle emissioni di CO2 e degli altri gas serra, compreso il metano, entro i prossimi dieci anni. Un appello ai decisori politici, che comporta però obbligatoriamente anche una responsabilità individuale conseguente ad una nuova sensibilità di ognuno rispetto ai temi ambientali. Tutto ciò ha ovviamente delle conseguenze sul piano formativo che deve mettere in atto innovativi e più incisivi metodi di approfondimento. Infatti, alla teoria della tripla elica di Henry Etzkowitz in cui si ipotizza la necessità di azioni reciproche tra Stato-Università-Impresa per poter realizzare innovazione e sviluppo, se ne è aggiunta nel tempo un’altra, la quarta, quella che introduce la componente della società civile.

L’UNIVERSITÀ a sua volta deve considerare questa integrazione funzionale anche al suo interno, cioè trovare connessioni tra insegnamento, ricerca, ma anche nella cosiddetta terza missione, quella del suo rapporto con l’esterno. Considerando i documenti recenti di Ipcc e di Iea sul clima, il contesto basato sulla conoscenza si allarga. Possiamo dire che il risultato dell’apprendimento in un società della conoscenza deve essere quello di formare «cittadini della sostenibilità», con competenze costituite da un’interazione di conoscenze, capacità e abilità, motivazioni. Nel cosiddetto «apprendimento laterale» lo studente si trasforma da recettore passivo della conoscenza a partecipante attivo della propria educazione. Questo metodo favorisce l’insegnamento interdisciplinare e gli studi multiculturali, propri delle tematiche ambientali. In tale ottica anche le competenze sono trasversali, multifunzionali e indipendenti dai contesti.

PER SPIEGARE BENE IL SIGNIFICATO di apprendimento laterale, è possibile riferirsi alle competenze che Unesco ha ritenuto necessarie per uno sviluppo sostenibile: competenze di pensiero sistemico, di tipo collaborativo, di pensiero critico, di auto-consapevolezza, di problem-solving integrato. Competenze frutto in definitiva di un insegnamento sociale, collaborativo e disruptive, per trasformare una società in crisi, acquisito in progress sulla base dell’esperienza e della riflessione. Domanda ed offerta di una formazione completamente rinnovata.

UN PRIMO ASPETTO DA CONSTATARE È QUELLO del divario sempre più crescente tra cultura scientifica ed umanistica, penalizzante per il raggiungimento degli obiettivi perché divisivo. Questa frattura, conseguenza di un modello tecnocratico e privatistico della conoscenza, ha comportato due ordini di conseguenze. Ha introdotto una stretta dipendenza dal mercato, una sorta di produzione di “merce” intellettuale in un contesto ultra-competitivo, ed ha favorito la radicalizzazione della specializzazione, che ha portato a concentrarsi verticalmente su singoli aspetti perdendo di vista il contesto generale. Sul primo punto, bisognerà fare in modo che tutte le istituzioni formative possano riequilibrare il rapporto mercato/società oggi troppo spostato sulle regole del numeratore che sulla fiducia del denominatore. I mercati sono e devono rimanere aggregati alla cultura, devono costituire una derivazione di questa e da questa devono essere coordinati e regolati. Sul secondo punto occorre eliminare le barriere disciplinari. Ecco quindi che l’attenzione alla sostenibilità, e all’energia, potrebbe fornire una prospettiva diversa. Cosa significa istruzione di qualità e quali sono gli strumenti didattici? Quelli attuali sono idonei allo scopo? Forse no, a ben interpretare uno degli obiettivi auspicato dalle Nazioni Unite nella Formazione di qualità, Obiettivo 4: garantire libertà, equità e qualità dell’educazione, garantire un accesso equo all’istruzione, eliminare le disparità, promuovere una cultura pacifica e non violenta, una cittadinanza globale e una valorizzazione delle diversità culturali. Anche il Pnrr (il Piano Nazionale di Resistenza e Resilienza) parla di formazione e ricerca assegnando un finanziamento di 30 miliardi di euro per incrementare il potenziale di crescita del sistema economico favorendo la transizione verso un modello di sviluppo fondato sulla conoscenza.

RIFERENDOSI ALL’ENERGIA, UNESCO ELENCA gli obiettivi di apprendimento nel settore energetico, suddividendoli in settore cognitivo, cioè quel corpus conoscitivo che fornisce al discente quelle conoscenze e quei valori necessari per determinare comportamenti sostenibili che fa leva sul fattore identitario, quello socio-culturale che emotivamente si riferisce all’impegno sociale e politico e quello comportamentale. Questi obiettivi in definitiva definiscono l’apprendimento laterale sulla base dei concetti di territorialità, di fiducia sociale, di comunità. Le nuove possibilità di occupazione sono tutte transdisciplinari, perché sono tali le discipline della sostenibilità: economia circolare, climatologia, trasporti sostenibili, pianificazione ed uso del suolo, sostenibilità delle reti, bioeconomia, psicologia ambientale, inquinamento aerospaziale, eventi idrogeologici estremi. E molte sono da inventare: nanomedico, agricoltore genetista, ingegnere etico, agente contro i disastri ambientali, responsabile dei big data, ecopsicologo, eco-chef, sustainable mobility manager, manager dell’idrogeno, esperto in economia circolare. Forse ora occorre uno sforzo visionario per anticipare i tempi, perché l’idea della istruzione è più fortemente derivata dalla percezione delle realtà, dall’interpretazione della natura in una interconnessione con l’uomo; queste interpretazioni devono essere incluse nel processo educativo cosicché ciò che viene insegnato diventi la coscienza di una epoca. Sono insegnamenti derivati dalla comprensione degli ecosistemi, considerando il sapere come collante di una responsabilità condivisa. Qual è la coscienza dell’epoca che abbiamo di fronte? Edward O. Wilson ha affermato che una relazione di intimità con la biosfera non è utopia ma una antica sensibilità appartenente alla nostra biologia, che si è persa nel corso degli anni. Una sensibilità che chiama biofilia, un’ipotesi scientifica che rileva empiricamente nell’essere umano un misterioso legame tra uomo e natura con la tendenza innata a concentrare il proprio interesse sulla vita e sui processi vitali. Tale ipotesi sarebbe inoltre confermata nella eco-psicologia, quando viene introdotta la definizione di ansia derivata nell’essere umano nel momento della sua separazione dalla natura.

LA CONVENZIONE EUROPEA DEL PAESAGGIO, ad esempio, ha rappresentato un importante traguardo per questo approccio, definendo la funzione «culturale, ecologica, ambientale, sociale» del paesaggio e sottolineando il contributo del paesaggio «al benessere e alla soddisfazione degli esseri umani» e «al consolidamento dell’identità». Viene così dichiarato che il paesaggio è «il primo bene comune». Assegnare l’identità ad un territorio, espressione della diversità naturale e culturale, vuol dire agire secondo un approccio democratico, perché è ai territori che viene affidata la responsabilità e l’esercizio della tutela. L’aspetto puramente estetico allarga i propri confini, fino a includere anche l’aspetto etico. Si comprende ancora una volta, anche parlando di sostenibilità, l’importanza di educare a concetti di bene comune, identità, morale, propri di una visione finalmente democratica. Un esempio è quello della necessità di educare al ciclo di vita; senza questa educazione, l’applicazione dello strumento risulta vuota. Lo stesso vale per acquisire la coscienza della biosfera. Il tradizionale approccio riduzionista allo studio dei fenomeni deve cedere il passo alla sistematica ricerca di risposte a domande generali sulla natura della realtà e sul significato della esistenza. Soprattutto per salvare un pianeta in piena crisi.

L’autore è Prorettore alla Sostenibilità, Sapienza Università di Roma