È stato un brusco risveglio a Los Angeles quello dei genitori degli oltre 700.000 studenti che frequentano il secondo distretto scolastico d’America. Le autorità hanno annunciato che le scuole della città sarebbero rimaste chiuse a causa di una minaccia «credibile» ricevuta dalle autorità. Credibile ma vaga abbastanza da richiedere la perquisizione di oltre 900 istituti alla ricerca dello «zaino o pacco» esplosivo che sarebbe stato menzionato nella minaccia.

La notizia, giunta alle prime ore del mattino, ha fatto andare di traverso la colazione al milione di persone che si sono ritrovate senza preavviso a cercare di sistemare i propri figli mentre andavano al lavoro. Mentre venivano spediti sms a tutti genitori chiedendo loro di tenere a casa i figli, molti già per strada sono comunque arrivati costernati davanti ai cancelli sbarrati.

I ragazzi che erano già stati accompagnati, quasi sempre in macchina come normale in questa smisurata città, sono rimasti custoditi dal personale mentre gli accompagnatori si prodigavano in complicate inversioni nel traffico mattutino per andare a riprenderseli.

L’amministratore del distretto Steve Zimmer ha dichiarato che la decisione è stata motivata da «un’abbondanza di cautela per garantire la sicurezza di ogni pupillo e del personale scolastico».

Nella conferenza stampa organizzata in tutta fretta per allertare la cittadinanza, il sovrintendente Ramon Martines ha confermato che le minacce di per sé non costituiscono un caso straordinario. Anzi sono quasi routine dato che il distretto nel riceve centinaia ogni anno. Interrogato sul perché si fosse deciso di chiudere tutte le scuole ha definito «rara» l’informazione che è giunta in «forma elettronica».

«Credo sia necessario prendere ogni precauzione alla luce di quanto avvenuto recentemente», ha affermato Martines. «Mentre il rischio è ancora in fase di valutazione abbiamo deciso di chiudere le scuole fin quando non avremo determinato che sono sicure». L’enorme operazione di perquisizione è proseguita per tutto il giorno.

La caotica giornata di Los Angeles ha confermato il clima di tensione instaurato dopo i fatti di Parigi e soprattutto quelli di San Bernardino, all’estrema periferia di questa città. Mentre dopo quell’attentato Obama aveva esortato gli americani ad essere vigili ma anche a proseguire le proprie vite nella normalità, è evidente che le autorità hanno alzato il livello di allerta.

«Abbondanza di cautela», dunque ma anche una psicosi strisciante amplificata dalla attuale campagna politica delle primarie ormai dirottata in permanenza su un dibattito monotematico di «guerra totale al terrorismo». Un copione prevedibilmente seguito alla lettera nel quinto dibattito dei candidati repubblicani andato in scena nella serata nel vicino stato del Nevada. Una nuova escalation della retorica della paura in cui si sono cimentati i candidati di destra a cui le notizie di Los Angeles hanno dato solo l’ultimo spunto per attaccare «l’inefficacia» di Obama, colpevole di non aver «risposto a San Bernardino».

La realtà è che nella psicosi alimentata ad arte, pacatezza e raziocinio sono automaticamente squalificati, e mentre il presidente è ridotto a pubblicizzare il «raddoppio dei bombardamenti» nessuno numero di bombe basteranno a placare il coro che chiede – in piena sintonia con il «nemico» – di alzare il livello di scontro.

Da Los Angeles giunge dunque l’ultima dimostrazione di come oggi nell’occidente in stato di assedio mentale, una telefonata minatoria ad una scuola possa, con la complicità dei media immediatamente scattati nel format emergenza, diventare un affare di stato.