Gravity, 12 Anni Schiavo, e American Hustle sono i titoli su cui si giocheranno gli Oscar 2013. Alla vigilia della cerimonia di domenica sera, che sarà condotta da Ellen DeGeneres, i pronosticatori di professione snocciolano più o meno tutti lo stesso rosario. La statuetta di miglior film sarà contesa tra Gravity e 12 Anni Schiavo. Il primo un bellissimo kolossal d’avanguardia, realizzato da uno studio (la Wb), a ricordarci che un blockbuster fantascientifico hollywoodiano può anche non essere un sequel stracco, affollato di stars e iperprodotto. Il secondo un film con pedigree più convenzionalmente «d’arte» (ma c’è uno studio anche qui, la Fox Searchlight), che mette in primo piano un soggetto importante, e rivendica (non sempre simpaticamente) quasi un diritto da precedente storico alla vittoria.

Nel caso si elidessero a vicenda, American Hustle sarà la scelta «safe», quella che non offende nessuno. Il titolo latitante in questa possibile rosa di vincitori è The Wolf of Wall Street, di Martin Scorsese, un film che piace più di quanto molti vogliano ammettere, ma che difficilmente l’Academy oserà premiare come si merita.

Alfonso Cuaron e Steve McQueen sono testa a testa anche per l’Oscar alla miglior regia: i quattro anni che Cuaron ha dedicato a Gravity, e l’arditezza filosofico/tecnologica della sua visione, fanno di lui il nome su cui stanno scommettendo tutti – perché Gravity (che vincerà quasi tuttte le categorie tecniche – fotografia, suono, missaggio sonoro..) è anche il simbolo di un’altra grande tradizione di Hollywood, e cioè quella di un’artigianato industriale creativo e di qualità altissima.

L’ipotesi di una rimonta dell’ultimo momento di David O’Russell, non è completamente da scartare, ma sembra poco plausibile.

Dallas Buyers Club, non un grande film, ma di cui tutti amano (amiano) la libertà, l’efficenza della mise en scene (è costato pochissimo: Jean Marc Vallée ha fatto valere il suo know how di regista tv e cinema a basso budget canadesi) e la mancanza di spocchia (soggetto difficile per soggetto difficile, Dallas è l’anti 12 Anni Schiavo…) sarà probabilmente premiato attraverso le splendide performance. Innazitutto quella di Matthew McConaughey, grande favorito per la statuetta di migliore attore, che riconoscerebbe anche la sua recente, straordinaria, inversione di carriera (da Killer Joe e The Wolf of Wall Street fino alla serie True Detective, in attesa di Interstellar). Il lupo di Leonardo Di Caprio è senz’altro il «guilty pleasure» della categoria (l’attore più volte nominato non ha mai vinto la statuetta). A Jared Leto, dolce, malatissimo trans, nel film di Vallée sembra destinato il premio di miglior attore non protagonista. Lo tallona l’attore somalo del Minnesota Barkhad Abdi, capo dei pirati di Captain Phillips. Kate Blanchett sembra aver superato senza grossi problemi la tempesta anti-Woody Allen scopppiata qualche settimna fa, e la sua gelida/tragica «trophy wife» caduta in disgrazia rimane la probabile vincitrice dell’Oscar per la miglior attrice protagonista, in Blue Jamine.

Le previsioni per la non protagonista oscillano tra Lupita Nyong’O (12 Anni Schiavo) e Sally Hawkins, la luminosa sorella bruttina e povera di Jasmine nel film di Allen.

Dopo anni di dominio incontrastato della Pixar, la statuette per l’animazione tornerà alla Disney (oggi anche casa madre dello studio di John Lasseter): la vittoria di Frozen è data praticamente per scontata anche se lo struggente melò di Hayao Miyazaki The Wind Rises (in Usa distribuito da Disney) sarebbe un premio più visionario.

Il belga The Broke Circle Breakdown sembra l’unico titolo che potrebbe mettere a repentaglio la vittoria quasi sicura di La grande bellezza. Mentre sono un po’ meno definiti i pronostici per il documentario. Nota per omissioni clamorose (quest’anno in testa a tutti In Berkeley di Fred Wiseman), la categoria del documentario è controversa anche per il modo in cui i film vengono votati. Nonostante The Act of Killing, The Square e Dirty Wars, siano titoli filmicamente o politicamente (nel caso di Dirty Wars) molto più di rottura, il favorito per gli Oscar di quest’anno è 20 Feet of Stardom, sulla carriera di un gruppo di back up singers. Dietro alla campagna promozionale del film, la bacchetta magica di Harvey Weinstein.

Lievemente meno sicuri i pronostici per gli Oscar alla sceneggiatura. Per quanto riguarda quella non originale, il New York Times di ieri dava vincente 12 Anni Schiavo, ma Philomena è un’alternativa possibile, e Before Midnight di Richard Linklater sarebbe un premio meritato. Per la sceneggiatura originale, Her è la scelta giusta, ma il film ha incassato poco e quindi può darsi che avrè la meglio uno dei suoi concorrenti: American Hustle, Blue Jasmine o Dallas Buyers Club.

Una serie di «memorabili momenti» dalle passate edizioni, potete vederli cliccando a questo link:http://www.theguardian.com/film/2014/feb/28/oscars-2014-top-10-moments-academy-award-history