Goliarda Sapienza rimane figura estravagante e, parimenti, centrale della nostra cultura. Ingegno poliedrico, figura non irreggimentabile in cliché abusati, Goliarda ha percorso suo malgré tutte le stazioni di una vita divorata dalla depressione. Una depressione, se è possibile dire, ‘creativa’ che la teneva prigioniera in un guscio per poi liberarla in modo rivoluzionario e naïve. Autrice di romanzi incensati dalla critica(«L’arte della gioia» su tutti), poetessa, sceneggiatrice, attrice(«Fabiola» di Blasetti, «Senso» di Visconti, «Gli sbandati», «Lettera aperta ad un giornale della sera»),interprete pirandelliana, animatrice del Tor di Nona a Roma, docente di recitazione al Centro Sperimentale, antifascista militante, viaggiatrice.
Sapienza è passata nella nostra storia recente come una meteora, folgorante, piena di luce e al tempo stesso con un lucore destinato ad affievolirsi com’è tipico dei border-lines o, più propriamente, di quegli spiriti liberi difficilmente classificabili e, per questo, più carichi di fascino.
Ci aiuta in questa ricognizione la bella biografia di Giovanna Providenti (Goliarda Sapienza. La porta della gioia, Nova Delphi) che ci conduce per mano nei meandri di un’esistenza vissuta in modo orgasmatico e totalizzante. Donna coltissima, Sapienza è dotata di una bellezza regale, aristocratica che sicuramente la favorisce nella sua seppur breve carriera attoriale; basilare risulterà poi il suo incontro con Citto Maselli, un sodalizio fatto di passione e di idealità intellettuali. Da subito, fin dagli anni siciliani, la scrittrice patisce di una salute cagionevole che le inibirà la regolarità del suo cursus honorum. Una donna di questo livello non poteva non nascere da una madre eccezionale, Maria Giudice, ed è scelta felice quella di Providenti di dedicarle, nel libro, un capitolo a sé, illuminante di una stagione storica, quella dell’emancipazione femminile in Sicilia e della nascita di una coscienza femminista. Una madre, la Giudice, incredibile più di quanto non dicano questi brevi riferimenti.
La storia di Citto Maselli e Goliarda è centrale nella biografia, illuminante sulla stagione del neorealismo e dei rapporti variegati della nostra intelligentsia.
I suoi tentativi di suicidio sono una richiesta disperata di vita e dovrà subire più volte la macelleria dell’elettroshock, salvata in extremis da un giovane e promettente psicoanalista, Ignazio Majore. Goliarda conosce l’onta della carcerazione a seguito del furto di gioie perpetrato ai danni della sua cara amica Ida Petriccione Di Vada. Dirà più tardi di essersi risoluta al furto per vivere la realtà della prigione e poterla raccontare nei suoi passaggi più ferali. È apprezzabile l’atteggiamento imparziale di Providenti che si astiene e dal giudizio e dal parteggiare per un atteggiamento, quello della scrittrice, che ha nello specifico un vago sapore strumentale. Amara invece la considerazione che fa Providenti circa i resti di Goliarda Sapienza non reclamati da chicchessia ed inumati solo grazie all’interessamento del Comune di Gaeta che Goliarda aveva così tanto amato. Una biografia, quella di Providenti, informata,intrigante, necessaria, utile che ha, fra gli innumeri meriti, quello di aver aperto un varco in una tranche de vie finora lasciata negletta.