«Altro che campagnola! Questa è vestita come una dama di corte all’ultima moda. Caspita! (…) Che bel pezzo di figliola! Sull’anima mia, costei può trionfalmente navigare sulle assi d’un letto». La ‘bella’ è Chiteria, figlia dell’oste Lorenzo, uno dei tanti personaggi del Don Chisciotte della Mancia di Miguel de Cervantes, descritta con colorito piglio da Sancho Panza. L’hidalgo più famoso della letteratura e il suo scudiero Sancho Panza sono alle nozze di Chiteria: il capolavoro di Cervantes è già alla seconda parte, capitolo 19. Chiteria sta per sposarsi con Camaccio il Ricco, anche se da sempre è innamorata dello spiantato Basilio, che però è «il giovanotto più agile che conosciamo, grande lanciatore di sbarra, suona la chitarra che pare la faccia parlare».

I tre sono arcinoti nel mondo del balletto classico: Chiteria diventa Kitri, Basilio resta tale, Camaccio si trasforma nello svagato, sempre ricchissimo, gentiluomo Gamache. La storia segue nel canovaccio i capitoli d’ispirazione del romanzo: il matrimonio di Kitri e Gamache salta, complice l’astuzia dell’aitante innamorato: Basilio si finge morto e chiede di sposare in extremis la sua bella. Il Cavaliere errante Don Chisciotte benedice, ma bacio dato, l’inganno è rivelato. Con Kitri e Basilio si fanno festa e nuove nozze.

Se ne parla perché Don Chisciotte nella versione sfavillante di Rudolf Nureyev è tornato al Teatro alla Scala, con svariati cast, per dieci giorni di settembre fino a ieri sera. Verve, colore popolare, unita a una tecnica smagliante per la protagonista della prima, l’ospite Tamara Rojo, principal dancer e direttrice dell’English National Ballet, una Kitri che ha stregato il pubblico con equilibri da capogiro. Saltata la presenza di Ivan Vasiliev per malattia, il Basilio di Tamara ha avuto il guizzo di Claudio Coviello, primo ballerino scaligero di spumeggiante temperamento. Ottima prova anche per Nicoletta Manni talentuosa ultima rivelazione femminile del teatro, in coppia con l’ospite Leonid Sarafanov. Tra gli altri debutti una nota al giovanissimo neodiplomato (19 anni) Angelo Greco, un mix di umanità e sfolgorio tecnico che siamo certi farà parlare di sé.

Rudolf Nureyev fu un Basilio strepitoso, comico, grande attore. Il suo ‘barbiere’ aveva un tocco speciale, scanzonato, popolare. Affascinato dal romanzo del Cervantes, Nureyev firmò la sua prima versione del Don Chisciotte nel 1966, a Vienna. Nel 1972 trasformò Don Chisciotte in un film: lo fece girare in un hangar per aerei a Melbourne, con l’Australian Ballet e fu un successo, ancor oggi godibile nella versione restaurata anni fa. Per l’operazione Nureyev si circondò di collaboratori preziosi: Robert Helpmann come co-direttore e interprete del ruolo di Don Chisciotte, Barry Kay per scene e costumi, Geoffrey Unsworth, direttore della fotografia di 2001 Odissea nello spazio di Kubrick. Non che Nureyev non fosse in prima linea: sue le scelte della concezione generale delle riprese, delle inquadrature, e il suo Basilio, in coppia con la volitiva Lucette Aldous, fa ancora scuola. Alla Scala Don Chisciotte, e nella versione di Nureyev, arrivò nel 1980. A danzarlo con il divo russo, fu Carla Fracci. Da allora è tornato in Scala a più riprese.

Di balletti ispirati al capolavoro di Cervantes ce ne sono moltissimi. Nella danza italiana più recente, spicca il delizioso Le avventure del Signor Quixana di Roberto Castello, a Reggio Emilia, per il festival Aperto, il 17 ottobre Eugenio Scigliano dà il suo Don Q con Aterballetto. Con Nureyev, come nelle versioni classiche successive alla seconda firmata da Marius Petipa a San Pietroburgo nel 1871, Kitri si sdoppia in Dulcinea, centrale nel quadro della visione delle Driadi.

Mi rendo veramente conto che tutte le gioie di questa vita passano come un’ombra o un sogno o appassiscono come un fiore di campo» – dice Don Chisciotte risvegliandosi, al finir dell’avventura fantastica nella grotta di Montesinos, che nel romanzo segue il racconto di Chiteria e Basilio. Specchio di quel labile confine tra follia e saggezza, realtà e visione, che è il cuore del romanzo e che nel balletto aleggia qua e là, insieme al Cavaliere Errante, tra i virtuosismi e il brio della danza.