«È iniziata l’offensiva. Ypg e Ypj si sono visti dai due lati del fronte». Sono le parole di gioia del comandante Raugin delle Ypj (Unità di protezione delle donne), le combattenti kurde che con il sostegno delle brigate unite Burkan al-Furat (Vulcano dell’Eufrate) stanno avanzando su Tel Abyad. La sconfitta dei miliziani dello Stato islamico (Is) nella città del Kurdistan siriano avrebbe una funzione strategica essenziale perché permetterebbe la riunificazione del cantone di Kobane con quello di Jezira, mentre si continua a combattere a ovest nel cantone di Efrine. Migliaia di kurdi stanno in queste ore tentando di attraversare il confine turco, sarebbero almeno 50 mila, inclusi combattenti sparsi di Is che, sconfitti sul campo, cercano e trovano rifugio nel paese vicino. Ma la frontiera di Ackale resta blindata e continua così l’assedio dei kurdi siriani per mano turca.

Siamo saliti sulla collina Abu Serra alla vigilia dell’offensiva quando domenica sera è arrivato il via libera agli attacchi dal quartier generale dei Ypg di Koshkar. Per ora i combattenti kurdi sono fermi a nord di Ayn al-Issa in attesa che l’intera area da est a ovest sia liberata dopo giorni in cui Ypg e Ypj hanno guadagnato terreno lungo i 20 chilometri di strada ancora controllata da Is. I kurdi hanno preso Soluc e aperto un corridoio nel Sud di Tel Abyad tagliando una strada di comunicazione essenziale per i jihadisti a 78 km dalla città di Raqqa, loro roccaforte. Ma qui tra i villaggi divisi da sterminati campi di grano della provincia di Raqqa prima che un’area possa considerarsi liberata, la battaglia va avanti per giorni. I jihadisti hanno provato a far esplodere due ponti verso Tel Abyad ma questo non ha fermato i combattenti kurdi e di Burkan nella loro avanzata. Esmat Hassan, il ministro della Difesa del cantone di Kobane, formatosi con gli insegnamenti di Abdullah Ocalan quando era in Siria, ha dato il via libera simbolico alle operazioni.

Al ritorno a Kobane, tra le macerie dove sopravvivono poche migliaia di uomini e donne che hanno deciso di rientrare dopo mesi rocamboleschi in Turchia, incontriamo un gruppo di giovani e donne che danzano balli tradizionali con in mano la bandiera di Ocalan nella piazzetta della città. Qui sorge l’unico giardino scampato ai bombardamenti di Is e della coalizione e più avanti l’unico ristorante che ha un generatore in funzione durante il giorno. A due passi dal confine la stessa folla ha salutato due giorni fa Keath Brunfield, 36 anni, il primo martire statunitense al fianco dei Ypg, ucciso nei combattimenti a Tel Abyad.
Questa volta l’attacco dei Ypg-Ypj è stato effettuato in coordinamento con i bombardamenti della coalizione anti-Is, guidata dagli Usa, nonostante il governo turco si ostini a non concedere le sue basi. Il comandante della coalizione internazionale, Brett McGurk ha ammesso che i combattenti kurdi stanno davvero «sconfiggendo Is». Ma il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, reduce dalla sconfitta elettorale del 7 giugno, ha ribadito che l’avanzata dei kurdi potrebbe essere una minaccia per i confini turchi.

«Ormai Is non ha più la forza del passato, non hanno grande esperienza», ci spiega Diane, comandante dei Ypg sul fronte di Koshkar. «L’ultimo attacco dell’offensiva si è verificato nel villaggio di Corek dove 25 Ypg sono stati uccisi», aggiunge. Secondo Diane la presa di Tel Abyad è cosa complessa per il sostegno che gli abitanti dei villaggi a maggioranza araba hanno assicurato fin qui allo Stato islamico. «Nella loro ritirata i miliziani di Is continuano a vendicarsi sui civili. Ieri abbiamo trovato 20 corpi senza vita. Abbiamo documentato tutto nei video che sta andando in onda sulla televisione di Kobane (Ronahi Tv, ndr)», rivela Diane. Eppure anche secondo la co-comandante delle Ypj Ariane, che incontriamo nello stesso villaggio sulla linea del fronte, la coalizione potrebbe fare molto di più per sostenere la loro lotta.

In questa fase di avanzata nei villaggi arabi per i siriani si sta rivelando importante il sostegno militare dei battaglioni della brigata Burkan. Da Twar Raqqa (i ribelli di Raqqa) a Jabal el-aqrat (prima linea kurda), da al-Liwa al-Tahrir (brigata della liberazione) al battaglione 15 dell’Esercito libero siriano. In una piccola casa sulla strada verso il fronte alloggia il comandante della brigata 15, Nidal Abu Ali Abdel Wahab. In tutto la brigata conta su 170 uomini e ha soldati sia qui che a Raqqa. «Veniamo dalle montagne di Idlib. Lì Jabat el-Nusra ha tentato in ogni modo di sottrarci degli uomini. Ma noi abbiamo rifiutato». Abdel è qui da tre mesi ma ha partecipato alla liberazione di 50 villaggi intorno a Kobane. Ma ora è tempo di liberare Tel Abyad.