Alla ricerca di posizioni condivise. Merkel all’insegna del multilateralismo
Di male in greggio Babylon-Berlin: la conferenza internazionale sulla guerra in Libia organizzata dalla cancelliera Angela Merkel. Con il premier riconosciuto dall’Onu, Fayez al Serraj, che minaccia di non partecipare, il generale «ribelle» Khalifa […]
Di male in greggio Babylon-Berlin: la conferenza internazionale sulla guerra in Libia organizzata dalla cancelliera Angela Merkel. Con il premier riconosciuto dall’Onu, Fayez al Serraj, che minaccia di non partecipare, il generale «ribelle» Khalifa […]
Babylon-Berlin: la conferenza internazionale sulla guerra in Libia organizzata dalla cancelliera Angela Merkel. Con il premier riconosciuto dall’Onu, Fayez al Serraj, che minaccia di non partecipare, il generale «ribelle» Khalifa Haftar che si presenta dopo avere chiuso i rubinetti dell’export di petrolio, e l’Europa che – nonostante gli annunci – rimane spaccata su fronti e interessi diametralmente opposti.
Tra i sei punti della bozza dell’accordo che mira alla «cessazione globale delle ostilità e all’embargo delle armi in Libia» anticipati ieri spiccano «l’unione delle istituzioni esecutive, legislative e militari, sanzioni per chi facilita la guerra e una forza armata unificata per combattere il terrorismo». Insieme al «riavvio del processo politico» e alla «chiusura graduale dei centri di detenzioni per migranti e richiedenti asilo, allineando la legislazione libica su immigrazione e asilo al Diritto internazionale». Che oggi non è rispettato né dal governo di Bengasi né dallo «Stato» sostenuto da Ue e Nazioni Unite.
In questa Babele geopolitica si apre oggi il summit di Berlino costruito per riunire tutti i responsabili, in ogni senso, del conflitto in Libia. Puntellato nelle ultime due settimane dalla cancelliera Merkel all’insegna del «multilateralismo», costringerà intorno allo stesso tavolo gli «stivali sul campo» di Russia e Turchia (che trattano già da mesi per proprio conto) la Francia di Macron e l’Egitto di Al Sisi che muovono l’orbita di Haftar, fino al segretario di Stato Usa, Pompeo, al Regno Unito e all’imprescindibile Lega Araba.
Oltre alla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e all’Italia la cui posizione è allineata a quella tedesca. Il filo diretto Berlino-Roma, da due mesi, è attivo ben oltre la «telefonata di aggiornamento» di ieri pomeriggio di Merkel al presidente Giuseppe Conte. Tra i comuni temi collaterali all’ordine del giorno, spicca il disinnesco della crisi tra Grecia e Turchia sulle estrazioni nel Mediterraneo che rischia di esondare anche nel campo della Nato.
Anche per questo per Germania ed Europa è necessario formalizzare la bozza di accordo basato sul «blocco dei movimenti delle truppe di tutte le parti in conflitto e delle forze che le appoggiano su tutto il territorio libico, dall’inizio del cessate il fuoco» come specificato nella bozza che prevede anche sanzioni per chi non rispetta le regole. Emerge, in parallelo, la priorità di istituire «un Consiglio presidenziale funzionante» e la «formazione di un governo libico unico, unito, inclusivo ed efficace, approvato dalla Camera dei rappresentanti». Ma il processo in Libia passa anche per «elezioni parlamentari e presidenziali libere e indipendenti» e per il trasferimento del «controllo» della crisi «al Consiglio di sicurezza dell’Onu, all’Unione africana, all’Ue e alla Lega Araba con mandato di agire contro chi ostacola il processo politico».
Prima ancora, naturalmente, va ripristinato «il controllo dello Stato sulle forze armate unificate», che però suona quasi una missione impossibile nelle odierne condizioni. In ogni caso l’obiettivo della conferenza di Berlino resta più che ambizioso. Si concentra sulle «riforme economiche strutturali» e sulla creazione di «una Commissione di esperti economisti per la ripresa di tutti i settori». Sarà comunque più facile del rispetto dei diritti umani che anche sulla bozza suona come un mero auspicio.
Si devono «sollecitare tutte le parti a rispettare pienamente il diritto internazionale umanitario e i diritti umani, a proteggere i civili al pari delle infrastrutture civili». Di pari passo bisogna «mettere fine alle detenzioni illegali». Fin qui il canovaccio dell’accordo, nell’attesa della «tregua generale dei combattimenti».
Ma se il documento conclusivo del summit si ridurrà, di fatto, alle sole «pressioni per congelare l’accordo tra la Turchia e Sarraj» come rilevava ieri la tv Al Arabya la conferenza di Babele non sarà il «primo passo verso il processo di pace» auspicato dall’Ue e Angela Merkel.
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